Run All Night, la recensione

Probabilmente il miglior Liam Neeson d'azione di quest'anno, Run all night è un poliziesco dalla splendida anima western decadente, cupo e godibile

Critico e giornalista cinematografico


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Nonostante possano sembrarlo i film del "nuovo" Liam Neeson, l'eroe d'azione a difesa della famiglia meno pazzo e più razionale del Giustiziere della notte, non sono tutti uguali. La serie di Taken è una sequela di esagerate scene d'azione che prestano il fianco alla risata, ai meme e a tutto quello che può diventare paratesto al di fuori del film, sono lungometraggi che mettono in scena Liam Neeson più di Bryan Mills (il suo personaggio). Accanto a questi (ma in virtù di questi) compaiono invece altre opere decisamente più interessanti, sia lo scialbo Non-Stop, che l'incredibile The Grey che infine questo Run all night, poliziesco senza via di scampo concentrato in 16 ore di disperata sopravvivenza e sottile desiderio di morte.

Dopo The grey di nuovo sembra che il personaggio di Neeson voglia morire, questa volta non lo dice esplicitamente ma l'aria che si respira è quella di una fine imminente auspicata da egli stesso, ovviamente non prima di aver messo a posto alcune cose. Innanzitutto la salvezza del figlio che, al contrario di lui, ha scelto una vita onesta invece che nella mala irlandese ma che ora è bersaglio di polizia corrotta e mafia perchè qualcuno l'ha incastrato. Questo qualcuno è il figlio del grande boss, viziato bamboccio pronto ad uccidere chiunque per farla franca ma che ora è morto per mano di Neeson. Per questo motivo padre e figlio sono ora braccati da tutti e gli rimane solo di rispondere alla violenza con la violenza.

Run all night viene dalla penna di Brad Ingelsby (quello di Il fuoco della vendetta) e nonostante la regia esagerata, barocca e modaiola di Jaume Collet-Serra, riesce lo stesso a mostrare alcuni dei momenti più asciutti che il genere poliziesco possa regalare oggi. Nonostante alcune decise cadute di stile (il sicario che pare un impiegato) Run all night più che mettere due persone in fuga dalla morte ne mette una, il protagonista, in uno strano equilibrio tra il desiderio di essere punito per quel che ha fatto nel suo passato e la necessità di espiare tali peccati in prima persona, giustiziere che ha se stesso in mente come prima vittima.
C'è uno scampolo di Gli spietati nella scena del pub, in cui tutto sembra tornato come anni prima, quando la morte era la sola risposta e di nuovo c'è il sapore del vecchio West nel finale armato di Winchester, in cui tre persone si cercano nella foresta innevata con in mente solo l'omicidio, momento di straordinaria unione tra esseri umani e una natura indifferente, meschina e spettatrice che Collet-Serra pare determinato a non voler cogliere quanto potrebbe.

Con film come Run All Night Liam Neeson potrebbe diventare un Randolph Scott moderno, un attore che in tarda età attraverso una serie di produzioni di stupefacente minimalismo, trasforma il suo corpo rugoso ma deciso nel simbolo stesso del tramonto e della futilità dell'eroismo, se solo qualcuno se ne accorgesse...

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