Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, la recensione

Nonostante la trama cerchi di unire tutte le convenzioni del cinema hollywoodiano contemporaneo Ruby Gillman visivamente è bellissimo

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, in uscita il 5 luglio in sala

C’è un po’ di Voglia di vincere e un po’ di Carrie - Lo sguardo di Satana in tutta la prima parte di Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, cioè nella storia di una ragazza che ad un certo punto della sua vita scopre di non essere proprio come gli altri e di avere dentro qualcosa che si manifesta in modi che non può nascondere. La madre le ha sempre detto di non bagnarsi con l’acqua del mare e quando la cosa avviene scatena una trasformazione in Kraken, diventa cioè un mostro marino gigantesco. La madre cerca di insegnarle a reprimere il suo vero stato, la nonna (che scopre a quel punto di avere in fondo al mare) le insegnerà i poteri di un Kraken e cosa può fare.

Ovviamente in questa ragazza impopolare e liceale che proprio in quel momento, quando dovrebbe chiedere ad un ragazzo che le piace di accompagnarla al ballo di fine anno, è alle prese con una trasformazione del corpo, c’è il racconto del mutamento adolescenziale e di corpi che si trasformano, un racconto puramente femminile, in cui solo le donne della famiglia sono mostri giganteschi mentre gli uomini rimangono piccoli (l’immagine migliore, fino ad oggi, delle idee che pervadono i film hollywoodiani moderni). Un racconto di conflitti tra madri e nonne e poi tra figlie e madri, che termina con uno scontro tra la protagonista (baluardo delle bruttine impopolari) e la creatura che le si oppone (la sirena, bella e popolarissima). Trionfo di nerdismo, amore per la scienza ininfluente nella trama ma inserito per chiarire le finalità del film, e super poteri, cioè il concentrato di tutto quello con cui il cinema mainstream americano pettina il proprio pubblico oggi.

Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli mescola così qualcosa di adolescenziale, qualcosa di tradizionale e il mondo dei poteri dei supereroi che combattono supercattivi per salvare tutti gli altri. Non sempre bene, non sempre con fluidità e non sempre con divertimento reale. Però che impianto visivo! Il character design ricorda un po’ quello della Aardman mescolato a qualcosa che sembra rievocare Jacovitti, la cura della texture delle superfici è pazzesca come anche l’atmosfera saina del paesino in cui vivono. Ma è quando si va sott’acqua e la nonna illustra alla nipote la storia della loro razza attraverso statue di luci al neon, che si toccano vertici alti di art direction. Non si tratta di invenzioni realmente funzionali al film o alla narrazione, ma di un impianto visivo generale bellissimo. Anche il villain, con i capelli a cascata e dai colori in negativo (quando la protagonista è fatta di colori primari al neon) è realmente originale. Viene solo voglia che simili idee fossero messe al servizio di film con più ambizioni di così.

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