A Royal Weekend, la recensione

Ideologico, educato e falso come solo la politica sa essere, Hyde Park on Hudson è la scelta più strana della carriera quasi impeccabile di Bill Murray...

Critico e giornalista cinematografico


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Garbato, posato, ben vestito, recitato, musicato e soprattutto fotografato (il film dichiara da subito la propria matrice, fin dalla prima inquadratura con una casa in stile Edward Hopper), A Royal Weekend è un film tranquillo ed educato, che sa stare così bene in società da potersi anche permettere di accennare a storie di infedeltà coniugale e masturbazione all'aria aperta senza risultare volgare. Un virtuoso dell'educazione.

Eppure proprio questa sua apparenza indiscutibile, piena di stile e classe è il segno della propria disonestà, perchè come spesso accade all'eccessivo garbo e controllo corrisponde anche una profonda falsità. Se di fronte a un film dai presupposti ideologici il pubblico si dispone armato delle proprie idee, pronto anche a combattere i pareri del film, è di fronte a film come questi che si va disarmati, meno consapevoli di essere di fronte ad un contenuto ideologico e ben disposti a farsi contagiare dalle sue idee condite di simpatia e buon gusto.

Nel celebrare la "special relationship" tra America e Regno Unito, cioè nel raccontare di quando alla fine degli anni '30 re Giorgio VI (quello balbuziente e insicuro del Discorso del re, personaggio per molti più cinematografico che reale) fu costretto a visitare per la prima volta gli Stati Uniti per avere la promessa di un intervento Americano in caso di scoppio di una guerra mondiale, A Royal Weekend mette in realtà in scena il contrasto tra due culture, quella all'antica, snob e fuori dal mondo dei reali britannici e quella moderna, potente e centrale in tutti gli affari moderni di Franklin Delano Roosevelt, versione più adatta ai tempi di un re, democraticamente eletto e decisamente più capace in ogni ambito, interpretato da un ottimo Bill Murray (a cui vogliamo tutti tanto bene) che non a caso tratta Giorgio VI dall'alto verso il basso come un amorevole papà.

Come tipico di molto cinema statunitense mainstream, la vera storia qui è quella di come le altre culture a contatto con quella americana ne rimangano contagiate dalla libertà e dai valori, affascinate dalla diversità e dalla mancanza di formalismi. Si tratta ovviamente di una nemmeno troppo mascherata celebrazione nazionalista, in cui fanno pessima figura sia gli inglesi (chiusi, ottusi, fuori dal mondo e incapaci di raggiungere il risultato che si sono posti non fosse per il genio di Roosevelt) che tutte le donne del film, da Eleanor Roosevelt (banalmente anticonformista) fino alla protagonista Daisy (ignorante, orgogliosa e alla fine sottomessa) per non dire della moglie di Giorgio VI (la regina madre, che oltre ad essere donna è anche non americana). Tutto ovviamente a favore di Roosevelt, campione di virilità e ingegno statunitensi, uomo a cui è permessa ogni cosa.

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