Rosso, bianco & sangue blu, la recensione

Rosso, bianco & sangue blu apre il “closet” di desideri non solo sessuali e romantici ma anche politici: un modo volutamente sognatore di immaginare la miglior versione possibile del nostro mondo.

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La recensione di Rosso, bianco & sangue blu, disponibile su Prime Video dall’11 agosto

Rosso, bianco & sangue blu viene dal territorio della fan fiction, della romanticizzazione di figure di spicco della cultura popolare. La particolarità di questa fantasia romantica e sessualmente esplicita è però la consistenza dei suoi soggetti: due personaggi sì immaginari, non esistenti (che è dove di solito opera questa pratica di fandom) ma che di fatto sono, pur nella finzione, il figlio della presidente americana e il principe di Inghilterra. Personaggi che, pur sotto altri nomi, evocano il reale sotto forma di feticcio.

Potrebbe sembrare una minuzia, ma di fatto è la cosa più interessante del film Rosso, bianco & sangue blu: l’essere un desiderio realizzato, esplicito e con tanto di happy ending di un modo di vedere le istituzioni e la politica progressista; l’appropriazione queer, democratica e popolare di figure altamente standardizzate e inaccessibili in modo da renderle familiari, umane. Simili a chi guarda nel loro vivere le relazioni e nell’esercitare il libero arbitrio.

Diretto da Matthew López, Rosso, bianco & sangue blu adatta l'omonimo best-seller di Casey McQuiston e segue il corteggiamento e poi la relazione clandestina tra il figlio della presidente americana, Alex Claremont-Diaz (Taylor Zakhar Perez), e il coetaneo Principe d’Inghilterra Henry (Nicholas Galitzine) secondo la più classica delle strutture delle commedie romantiche: rifiuto, attrazione, dubbi, finale con ribaltamento delle aspettative iniziali. Anche formalmente, Rosso, bianco & sangue blu è un film anonimo, ma volutamente qualunquista. Niente di strano: si tratta di un prodotto volutamente popolare. La sua forza attrattiva verso lo spettatore si gioca invece tutta sul contenuto sovversivo in questa forma standard: l’esplicitazione di una fantasia romantica altrimenti impossibile, il voyeurismo realizzato dell’assistere alla relazione omosessuale tra due figure di potere. La storia del film è piuttosto banale, ma la sua falsa ingenuità e il suo ottimismo sono la chiave. 

Dentro tutta questa banalità e surrealtà, necessarie per suggellare la dimensione fantasiosa del tutto (molte cose sono poco credibili, le dinamiche sono volutamente romanzate, immaginate, semplificate) non manca però una critica diretta al conservatorismo della corona britannica, verso la quale il film esercita una sopraffazione totale, mettendola spalle al muro senza via di scampo. Per chi ha visto The Crown, si tratto dello stesso conflitto di base: l’essere costretti a disumanizzarsi per far sopravvivere l’istituzione. È il conflitto preciso che ha qui il Principe Henry, mentre gli Stati Uniti ne escono gloriosi nel loro progressismo democratico immaginario (una presidente donna, un’elezione politica vinta anche in virtù delle lotte lgbtq+).

Insomma Rosso, bianco & sangue blu è un film che alla fine fa riflettere più di quanto ci si aspetti, poiché apre il “closet” di desideri non solo sessuali e romantici ma anche politici: un modo volutamente ingenuo e dolcemente sognatore di immaginare la miglior versione possibile del nostro mondo. Ogni tanto fa bene sognare.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Rosso, bianco & sangue blu? Scrivetelo nei commenti!

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