Romanzo di una strage, la recensione

Con molte cose da dire e tesi da raccontare, Giordana racconta la strage di piazza Fontana senza l'audacia delle immagini ma con l'ambivalenza del sotterfugio...

Critico e giornalista cinematografico


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E' periodo di revisione storica questo. Mentre i 40enni rivedono gli anni '80 (cioè la loro adolescenza) con nostalgia e affetto, i 70enni rivedono gli anni di piombo, il terrorismo e la storia criminale del paese (cioè i loro vent'anni).

A discolpa di Marco Tullio Giordana c'è da dire che lui questo tipo di cinema l'ha praticato anche in tempi non sospetti. Forse però è proprio per questo che Romanzo di una strage suona già datato e, specie se confrontato con i suoi omologhi moderni, dà l'impressione di uscire fuori da un'altra epoca e un'altra idea di indagine sul passato.

Romanzo di una strage racconta la strage di Piazza Fontana, comincia un po' prima dell'evento e finisce un po' dopo (con l'omicidio Calabresi), mette in scena anarchici, poliziotti, politici e fascisti distribuendo colpe e assoluzioni con un atteggiamento ambivalente se non apertamente fastidioso che tende a salvare solo chi è morto (il santino di Aldo Moro è al di là di qualsiasi possibile idea di "ricostruzione").

La sceneggiatura di Rulli, Petraglia e dello stesso Giordana, combinata con le scelte di messa in scena e lo stile di recitazione vogliono fornire una spiegazione molto chiara dei fatti, ma non hanno mai il coraggio di andare fino in fondo. Si rifiutano di mostrare tutto ciò che non è supportato da atti giudiziari (la dinamica della morte dell'anarchico Pinelli) ma ne lasciano intuire chiaramente e al di là di qualsiasi dubbio la causa, raccontano per filo e per segno l'ipotesi per la quale propendono (riguardo chi siano gli autori e quali siano state le motivazioni della strage) ma non la mostrano fino in fondo.

In un film che non brilla per interpretazioni (ed è incredibile visti i nomi coinvolti da Mastandrea a Favino fino a Lo Cascio e Colangeli), nè per ritmo, nè per modernità visiva, Giordana sceglie anche di non mostrare ma di suggerire, cioè di bisbigliare qualcosa all'orecchio dello spettatore invece che mostrarlo apertamente.

La mancanza di fiducia o ancor peggio di audacia visiva nel cercare anche una dimensione estetica per quello che (stando cos'è com'è) rimane un reportage incolore, rende quindi Romanzo di una strage un film debole, scialbo, incapace di rendere racconto audiovisivo l'indagine degli autori.

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