Roma santa e dannata, la recensione
Sulla città più rappresentata e discussa d'Italia Roma santa e dannata esprime una idea con una chiarezza e un coinvolgimento rari
La recensione di Roma santa e dannata, il documentario di Marco Giusti, Roberto D'Agostino e Daniele Ciprì in uscita al cinema il 6 novembre
L’assunto di base è l’opposto di quello che si racconta di solito, cioè che Roma (e per esteso l’Italia) sia una città pagana. Viene enunciato subito, all’inizio, e il resto del documentario cercherà di dimostrarlo attraverso una serie di resoconti, racconti e opinioni sulla vita notturna romana tra la fine degli anni ‘70 e la fine dei 2000. È inevitabilmente il punto di vista di Roberto D’Agostino anche se lui insieme a Giusti è l’intervistatore (e solo in pochi casi intervistato) ed è impossibile alla fine di tutto non concordare con quell’idea, anche se è ugualmente evidente che chi vive o ha vissuto la notte in quella maniera non può che avere quella prospettiva.
Aneddoti e storie note si intrecciano a quelle meno note, e al contrario di film o serie che hanno provato a raccontare quest’aspetto di Roma, il documentario ha una quantità di esempi concreti, di momenti, personaggi e figure accettate o sputate dalla città di Roma, che riesce più di ogni teoria o assunto a rendere bene l’intreccio tra la tavola e la trasgressione, tra la vita notturna e una forma di potere così diffusa da essere insormontabile per qualunque singolo. E nel presentare questi racconti la partecipazione e il disincanto sono tali che, nonostante sia impossibile capire fino a che punto sono reali o no, è anche difficile non innamorarsi di qualcosa di così infernale, respingente e deprecabile, eppure anche inevitabilmente così vivo.