Roma 2018 - 7 Sconosciuti a El Royale, la recensione
La recensione di 7 Sconosciuti a El Royale di Drew Goddard, film di apertura della tredicesima edizione della Festa Del Cinema Di Roma
Sono hateful questi sette personaggi? A voi la decisione. C'è un prete, una cantante, due sorelle litigiose, un agente Fbi, il concierge e qualcuno di molto minaccioso che li raggiungerà nella seconda parte. Ognuno di loro ha un passato che vedremo partire in interessanti flashback incastrati dentro la narrazione del presente (ecco perché può ricordare molto Tarantino e il padre del film non lineare ovvero Rapina A Mano Armata di Stanley Kubrick, tirato in ballo anch'esso). Goddard è un affettuoso regista citazionista che però ama inserire dei commenti sociali nei suoi film. Il più buffo in Quella Casa Nel Bosco era la differenza filosofica in chiave di racconto horror tra la tradizione nordamericana e, ad esempio, quella giapponese. Qui, proprio come nel Tarantino di The Hateful Eight, si riflette spesso sulla posizione degli afroamericani all'interno della società Usa dell'epoca (i più ferrati sull'argomento coglieranno un riferimento esplicito a una figura enorme del movimento black) e su giovani bianchi traviati da culti mansoniani (argomento che sta salendo di quota vedi proprio il prossimo Tarantino di Once Upon A Time In Hollywood).
Attori? Formidabile Cynthia Erivo (la cantante; sostituì l'inizialmente desiderata Beyoncé), futile Jon Hamm (agente Fbi), solido Jeff Bridges (il prete), sciapa Dakota Johnson a differenza della pepata Cailee Spaeny (le sorelle litigarelle), vibrante Lewis Pullman (il concierge), notevolissimo Chris Hemsworth (l'ospite inatteso) di cui continuiamo ad ammirare l'autoironia e capacità di giocare con il suo corpo da semidio cinematografico.
È un film epocale? No. È una più che sufficiente variazione sul tema tarantiniano? Sì.