Roma 2017 - Addio Fottuti Musi Verdi, la recensione
Con una prima parte schiacciata dallo stile sperimentato online e una seconda in crescita Addio Fottuti Musi Verdi è un film come in Italia non esistono
Da noi non esiste proprio una produzione cinematografica dedicata ai ragazzi, e quando anche esiste raramente discrimina tra target o età diverse ma cerca di prenderli tutti come fossero uguali, puntando al minimo comun denominatore dell’intelligenza. Il primo film dei The JackaL, diretto da Francesco Capaldo (in arte Ebbasta), invece è cinema per ragazzi nella sua accezione più americana, indirizzato ad adolescenti e preadolescenti (basta la caratterizzazione degli alieni a spiegarlo) ma pensato con una testa da adulto, con temi anche adulti e con una messa in scena a tratti anche superiore a quella che il cinema italiano riserva solo agli adulti. Così serio nel suo essere divertente da poter facilmente piacere anche agli adulti.
Tuttavia quando la storia di un grafico che trova lavoro nell’estero più estero che c’è, presso gli alieni, diventa più chiaramente una teen story di un ragazzo innamorato di una ragazza che invece ha altri in mente, con accanto un amico che sembra contendersi con lei l’attenzione di lui, e tutti e tre devono andare a sconfiggere un’intera base aliena, allora i molto sbandierati tagli rapidi ed efficaci di Edgar Wright fanno scopa anche con una storia che può ricordare quelle del regista inglese, in cui l’assurdità delle premesse diventa di colpo concreta, perché l’umorismo non è più il fine delle scene (come nelle commedie italiane più ignoranti e provinciali) ma la maniera in cui arrivano altrove. Inoltre, contrariamente ad ogni film italiano con aspirazioni commerciali, Addio Fottuti Musi Verdi più procede verso la sua fine più migliora.
Ma la seconda parte del film funziona molto di più anche perché dà più spazio a Fabio Balsamo e Beatrice Arnera e alle loro interazioni con il protagonista Ciro Priello, molto meno efficace quando da solo. Balsamo in particolare fa la partita, regge tutta l’avventura, sistema i tempi e le interazioni, dona ritmo alle gag più spente rendendole brillanti e porta con sé quel peso sentimentale utile a non rendere smielata, pretestuosa e svenevole la parte più seria del film. Anzi!