[Roma 2016] Snowden, la recensione

Con il film più difficile Oliver Stone ritrova se stesso. La storia di Edward Snowden non è cronaca ma il racconto della nascita di una coscienza civile.

Critico e giornalista cinematografico


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C’è una difficoltà oggettiva dietro ogni progetto che si propone di portare al cinema i problemi di sorveglianza, sicurezza informatica e attualità politica alimentati dalle nuove tecnologie. Si tratti di documentari o film di finzione, tutti devono scontrarsi con l’esigenza di spiegare e semplificare concetti e informazioni complesse ma indispensabili. Oliver Stone prende di petto la storia più importante di tutte, quella di cosa fece Edward Snowden e perché, e decide di unirla alla spettacolarizzazione da cinema hollywoodiano per realizzare un film per tutti. La storia politica più pregnante che possa esistere, pensata con gli artifici narrativi utili a raccontarla al pubblico più vasto immaginabile ma senza svilirla.

E se la missione riesce forse è proprio grazie ad una scelta radicale e molto intelligente alla base di tutto il film, quella di indagare le motivazioni più che la storia e la cronaca. Cosa spinge un ragazzo a rischiare tutto (morte, carcere, privazione di diritti civili, perdita di contatto con familiari…) violando i massimi segreti del proprio paese? Gli stessi che per quasi un decennio ha aiutato a preservare! Snowden (il film) questo vuole mostrare, la nascita di una coscienza civile in un ragazzo che voleva essere un soldato, in un uomo di vedute conservatrici e fedele al proprio paese. Il fiore della resistenza sbocciato nell’asfalto di una mente militare. E proprio in questo movimento sottile tra violazione delle regole per l'affermazione di una regola ancor più grande, Stone trova il successo più autentico.

"Oliver Stone prende di petto la storia di cosa fece Snowden e perché, e decide di unirla alla spettacolarizzazione da cinema hollywoodiano"

Se quindi non c’è nulla di nuovo quanto a informazioni (ma forse i dettagli della storia professionale e ciò che davvero ha fatto Snowden nei suoi anni all’NSA non sono proprio noti a tutti e forniscono un background a tratti allucinante), di certo c’è una più chiara percezione di come possa essere arrivato alla decisione finale.

Certo come sempre Stone sa bene dove batta il proprio cuore e non ha intenzione di farne mistero, non cerca la verosimiglianza nelle caratterizzazioni umane, né il contraddittorio. Eppure il modo in cui costruisce la sua storia con la calma serafica indispensabile a spiegare, mostrare e anche omettere ciò che sarebbe eccessivo andare a raccontare, dimostra una forma smagliante, una che non gli vedevamo esibire da anni. Snowden infatti, e pare incredibile scriverlo, è addirittura un film asciutto considerata la storia che mette in scena! Uno che evita la paranoia in cui era facile cadere e cerca la costruzione narrativa innanzitutto.
Per chi conosce i molti documentari girati in materia (specie quelli di Laura Poitras che davvero ha seguito Edward Snowden), questo film si incastra a perfezione nella grande continuity cinematografica, ma lo fa aggiungendo un livello in più che solo la finzione può portare: la comprensione intima di cosa succeda dopo un decennio passato a prendere complimenti per azioni che si ritengono aberranti.

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