Roma 2015 - Game Therapy, la recensione

Confuso, mal raccontato e terribilmente retroguardista Game Therapy è una delusione sotto tutti i punti di vista

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
C'è un odio generalizzato nei confronti di Game Therapy, prima ancora che sia possibile vederlo, prima ancora che esca. Un odio dovuto alle personalità coinvolte (principalmente Favij e Federico Clapis) provenienti da YouTube ma senza essere videomaker. Sono semmai parte della categoria che tutti amano disprezzare ma che è anche la più seguita dal pubblico reale della piattaforma, sono 4 youtuber (sebbene Clapis non sia esattamente quello). C'è un odio generalizzato verso Game Therapy e la consapevolezza che farà schifo perchè indirizzato ad un target demograficamente basso (13-20) e perchè gli youtuber non possono fare o prendere parte a nulla di buono.

Ovviamente tutto questo non ha senso, in realtà quel che persone come Favij e Clapis (nei loro rispettivi ambiti) fanno sa essere molto più meritevole ed esaltante di tanto cinema italiano, sebbene spesso incomprensibile se non per il loro target di riferimento è esattamente quello di cui avrebbero bisogno i film italiani. Peccato che Game therapy in nessuna maniera sia un film che rispecchia quel che loro hanno fatto e fanno su YouTube. Nè qualitativamente, nè stilisticamente, nè contenutisticamente.

Coprodotto con l'America, girato da un regista americano e parzialmente negli Stati Uniti (ma scritto con la collaborazione di italiani), Game therapy dovrebbe essere un thriller d'azione, un film in cui due videogiocatori accaniti che non hanno un buon rapporto con la vita reale sperimentano una macchina per entrare dentro i videogiochi e viverli come Matrix (il film non li nomina ma sono Assassin's Creed, Call of duty, Dance dance, Uncharted e GTA, ricreati non sempre con gusto e mai con l'eccitazione del gioco), trovandosi poi di fronte al bivio se vivere sempre in quella realtà o misurarsi con quella reale. Idea non male, piena di buoni spunti e possibilità interessanti.

La storia del film, in generale, è raccontata molto male, non è chiara, si capisce solo sulla fiducia

Game Therapy però ha una morale di fondo e uno spirito decisamente più arretrati di Nirvana di Salvatores (anno 1997) e nemmeno quella fattura a giustificarlo. È un film che parte dal presupposto più banale possibile (la vita virtuale è un rifugio per chi è in difficoltà in quella reale e rischia di alienarti) per una parabola d'impianto vecchissimo, completamente fuori da qualsiasi idea contemporanea, per di più girata molto male. Si parte da dettagli come le schermate dei computer totalmente implausibili e si arriva fino ai raccordi di montaggio che non funzionano, si parte cioè dall'ignoranza tecnologica e videoludica per arrivare fino alla sciatteria filmica.

La storia del film, in generale, è raccontata molto male, non è chiara, si capisce solo sulla fiducia (ci fidiamo cioè che certi personaggi pensino o facciano certe cose perchè nè li vediamo chiaramente farle nè sentiamo che provano certi sentimenti, al massimo ci viene detto) e culmina con una scena dopo i titoli di coda che è un trionfo di nonsense. Tutti i personaggi si trovano su un tetto, senza che avessero chissà che rapporti durante il film, per salvare uno di loro ma non è chiaro come, chi, quando e cosa sia quella minaccia e da dove venga la decisione che hanno preso. Come gran parte del film quella scena esiste e basta.

Se era prevedibile che il film fosse recitato male (del resto nessuno è un attore professionista) è una sorpresa che sia anche scritto così male, sceneggiato in un italiano che non esiste, scimmiottamento dell'americano tradotto, e soprattutto è inaccettabile che vada a parare dalle parti della morale comune di 30 anni fa.

Viene fatto un film con i talent di YouTube più famosi, molti dei quali dei gamer, un film che parli di videogiochi con qualcuno che obiettivamente li conosce e diretto ad un pubblico che quindi ne ha confidenza e tutto per affermare di nuovo la più scontata delle prediche paterne, figlia di fobie luddiste? Per riproporre la dialettica mondo reale/mondo dei videogiochi, come se 30 anni di videoludica non avessero insegnato, almeno a chi li gioca davvero, che questa dialettica non esiste! Se spesso lo accettiamo malvolentieri in film che vengono da autori fuori dal tempo perchè dovremmo accettarlo da chi a quel mondo è più vicino?

Continua a leggere su BadTaste