Roma 2014 - Andiamo a quel paese, la recensione
Addormentato su standard da commedia paratelevisiva Andiamo a quel paese soffoca la forza di Ficarra e Picone, gli unici di tutta la produzione ad avere idee
Nel film portano avanti il loro tipico sovvertimento per il quale ripudiano come possono il lavoro, l'impegno e la correttezza, una versione aggiornata del classico ritratto impietoso in stile Sordi, quello per il quale si replicano i personaggi peggiori fedelmente, senza condannarli nella sceneggiatura ma esponendone la ridicolaggine. Non vogliono impegnarsi e iniziano a radunare anziani per estorcergli la pensione, rappresentando una generazione che obbliga l'altra a mantenerla, cioè il capovolgimento del principio per il quale i poveri giovani d'oggi devono essere mantenuti dai genitori.
Forse un giorno ci sveglieremo e leggeremo della scoperta dell'esistenza di un decalogo di regole per fare i film italiani girati senza voglia che si applicano regolarmente a queste produzioni. Un decalogo con accanto ad ogni regola motivazioni dogmatiche simili a quella famosa per la quale nelle commedie la fotografia deve essere chiara e naturalistica, perchè si deve capire tutto e non aggiungere grottesco o stilizzato a qualcosa di già macchiettistico. Darebbe un senso ad un buco nero che si allarga di anno in anno, spiegherebbe quello che rimane un mistero insondabile: come mai così tanti professionisti non abbiano nessuna voglia di fare qualcosa di meglio di quel che già fanno, perchè depongano le armi e si arrendano a fare i film senza personalità, perchè non lavorino nei meandri di un sistema che gli chiede prodotti brutti per inserire lo stesso qualcosa di ricercato come nel cinema si è sempre fatto.