[Roma 2013] Her, la recensione

Il nuovo film di Spike Jonze diverte con trovate anticonvenzionali ma conquista con la capacità di usare i temi della fantascienza per un vero racconto umano...

Critico e giornalista cinematografico


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Lei

A partire dall'inizio degli anni 2000 Spike Jonze, Charlie Kaufman e Michel Gondry hanno portato al cinema una programmatica anticonvenzionalità nel raccontare l'uomo. In particolare Jonze, fin dai videoclip, è sempre quello più appassionato alla maniera in cui elementi drammaturgici classici e senza tempo, possano essere attivati e sembrare nuovi o attuali, solo ingegnandosi nell'uso di piccoli elementi di fantasia non comuni. Entrare nella testa di un attore noto o raccontare una storia dal punto di vista del suo stesso sceneggiatore, per mostrare uomini in disperato bisogno d'amore, sono due esempi.

Ora ha voluto narrare dell'amore di un uomo per un personal assistant, un'intelligenza artificiale inserita nel sistema operativo del suo personal medium, però l'obiettivo rimane quello di sempre: non è infatti la lotta o il rapporto con la tecnologia il cuore di Her, ma la maniera in cui il protagonista venga a patti con la vita dopo il suo matrimonio fallito.

Ci è voluta tutta l'abilità, l'umorismo, le trovate e le idee del regista/sceneggiatore, unite alla bravura di Joaquin Phoenix (avendo un rapporto con una voce è sempre l'unico inquadrato e da solo deve rendere tutte le emozioni) per riuscire a mettere la meno convenzionale delle sceneggiature al servizio del più comune dei racconti.
La storia grottesca e paradossale di un mondo solo poco più avanti nel tempo rispetto all'oggi, in cui la nostra relazione con la tecnologia si è evoluta sullo stesso percorso che possiamo intuire adesso, è condotta con una profonda comprensione di cosa siano i nuovi media e come funzionino. Questo consente a Jonze di far ridere e di sorprendere in maniere che non avevamo mai visto, non appoggiandosi in nessun caso a luoghi comuni già battuti.

Il fascino di questa messa in scena coinvolgente e vivace, di un mondo (poco) futuro che rimanda così bene al nostro, è potente ma se si può portare una critica al film è proprio che l'acume, la sagacia e l'intelligenza del suo regista forse oscurano la parte umana e sentimentale che invece (è evidente) è il cuore di tutto.
E' impossibile non divertirsi, ammirare e apprezzare Her, è scritto, diretto e interpretato troppo bene ed è troppo originale (solo Jonze poteva trovare le armi filmiche giuste per raccontare un autentico e potente rapporto sessuale virtuale senza toccare le banalità che il cinema ci ha sempre proposto). Tuttavia sarà anche difficile commuoversi realmente per questo melodramma che usa i temi tipici della fantascienza (l'intelligenza artificiale troppo intelligente che entra in una strana gara con l'uomo) per raccontare la più particolare ed emotiva delle storie.

Sia chiaro: Jonze ha realizzato un gran film e molte delle sue idee meritano di cambiare la maniera in cui parliamo di certi temi. Non si dovrebbe far passare Her senza lasciargli influenzare tutto ciò che il cinema farà a partire da domani, eppure rimane clamoroso quanto la parte meno funzionante del film sia proprio il suo preponderante contesto sentimentale.

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