[Roma 2013] E' difficile essere un Dio, la recensione
L'ultimo film del defunto regista russo Aleksei Yuryevich German è un tripudio visivo senza nessun precedente nella storia del cinema, di gran lunga il migliore della sua produzione...
Ci sono sempre i piccoli mondi nei film di German. Alle volte è un paesino di provincia, alle volte è la steppa russa con il suo ecosistema, altre ancora è un palazzone e i suoi appartamenti, stavolta è proprio un pianeta, rimasto all'età del medioevo, che il protagonista esplora. Questi mondi il regista russo li mostrava per scenette, godendo degli esterni e realizzando film di grandissimo respiro, E' difficile essere un Dio esaspera tutto ciò in un tour de force che pare unico. Per 170 minuti la steadycam segue i protagonisti mentre attraversano castelli, borghi, paesi e campi, senza passare mai due volte per lo stesso posto in un tripudio di dettagli, comparse e set ricostruiti che impressiona e non può non colpire.
Tenendo sempre tutto vicinissimo all'obiettivo Aleksei Yuryevich German satura ogni sequenza di elementi, disegna ogni momento con una ricchezza di dettegli che è impressionante e lavora nello spettatore perchè dà vita ad un mondo che pare esistere sul serio e non (com'è) essere stato costruito ad arte.
Se Proverka na dorogakh sembrava un film girato DENTRO la neve, questo sembra fatto DENTRO il fango, sembra non avere più interesse negli esseri umani che negli escrementi che escono dagli animali, dimenticando le idee di contaminazione con i generi canonici di Khrustalyov, my car! (come si diceva la fantascienza alla fine è totalmente assente).
Sebbene la trama praticamente non ci sia e E' difficile essere un Dio sia una grande esplorazione di un mondo che non si riesce a far evolvere (l'idea sarebbe cercare di salvare gli intellettuali e gli artisti), è impossibile non riconoscere la straordinaria messa in scena che usa l'opulenza visiva per creare l'impossibile, cioè il vasto nel particolare. Per sua natura infatti l'obiettivo inquadra una parte del reale, ma il flusso della steady di German è talmente coinvolgente e il suo sguardo sulle cose è così curioso (da vero esploratore) che pare comprendere tutto come se non fosse stato lui a costruire/volere/progettare questo viaggio e quelle scene.
L'incredibile nell'incredibile è poi il fatto che durante la proiezione del film al Festival di Roma, in una scena (come molte) di grande caos e presenza d'animali, sia entrato in sala, non è chiaro come, un uccello reale che, passando davanti allo schermo, ha creato un momento di un surreale raro.