[Roma 2012] La scoperta dell’alba, la recensione

Gli anni di piombo in salsa fantastica di Susanna Nicchiarelli, tratto da un romanzo di Walter Veltroni, convincono a metà...

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“99 anni di guerra non lasciarono spazio ad un vincitore, ministri della guerra non ce ne sono più e neanche caccia; oggi io me ne vado in giro e vedo il mondo in rovina. Ho trovato un palloncino, penso a te e lo faccio volare.” Questa la strofa conclusiva della celebre 99 Luftballons che nell’ormai lontano 1983 imperversava in radio, e che apre il nuovo film di Susanna Nicchiarelli, La scoperta dell’alba, ammantandolo di un’aura di cupo presagio. Tratto dal romanzo di Walter Veltroni (che torna quindi da autore in questo Festival da lui voluto, fortissimamente voluto, per citare Alfieri), il film è un racconto articolato su due piani temporali distinti, uno nei sanguinosi primi anni ’80 dei gruppi armati terroristici, e l’altro nei giorni nostri. Piani che si alternano e si intrecciano, mescolando alla commedia drammatica delle tonalità proprie del genere fantastico.

Caterina ha dodici anni quando vede il professor Mario Tessandori ucciso dai brigatisti sotto i suoi occhi. Pochi giorni dopo Lucio Astengo, padre della bambina nonché amico e collega di Tessandori, scompare misteriosamente, lasciando Caterina e la sorella minore Barbara sole e legate alla speranza, sempre più flebile, di un suo ritorno, malgrado le autorità ipotizzino un rapimento da parte dei brigatisti. Trent’anni dopo Caterina scopre per caso, nella vecchia casa al mare, un telefono magico che le consente di comunicare con il passato. Più nello specifico, con la Caterina del 1981. Per la donna è forse l’occasione per salvare la vita di suo padre e riconquistare un’infanzia mai vissuta appieno. O, almeno, per scoprire la verità sulla sparizione e, magari, capire qualcosa in più su se stessa.

La Nicchiarelli prende il romanzo di Veltroni e lo riscrive, tramutando il protagonista maschile in una donna, e liberandolo per la verità di parecchi cliché fastidiosi e, talvolta, anche ricattatori. Un film nato da un eccellente spunto, che però non mantiene il ritmo e, ancora peggio, non è in grado di avvincere né appassionare. Via via che il mistero s’infittisce la verve narrativa si infiacchisce, perdendosi nei rigagnoli di storie secondarie prive di attrattiva (il rapporto tra Barbara e il chitarrista del suo gruppo, l’attrazione superficiale di Caterina per il figlio di Tessandori, la ricerca della casa). Difficile valutare la direzione degli attori, dato che il cast è composto da rodati professionisti perfettamente in grado di autodirigersi. Margherita Buy è sempre brava, lo sappiamo tutti, ma farle abbandonare il solito ruolo della moglie tradita depressa e isterica per farle fare quello della fidanzata traditrice depressa e isterica non è certo una scelta che giova alla freschezza del film. Spiccano comunque Rubini nel ruolo dello stralunato fidanzato della protagonista, la stessa Nicchiarelli nel ruolo della sorella e la splendida Lucia Mascino nel ruolo della madre di Caterina e Barbara, attrice troppe volte trascurata dal cinema nostrano e che meriterebbe ruoli di ben altro rilievo.

L’impressione è di trovarsi di fronte a un film già visto, con un soggetto stuzzicante banalizzato da una sceneggiatura intrisa dei soliti botta e risposta alla “tutto bene?” “sì, perché?” “niente, così” che, a metà film, ti fanno desiderare che una catastrofe irrompa nella trama per trasformare questo stantìo preteso intimismo in un disaster movie. In mano a qualcun altro (diciamolo fuori dai denti, qualche inglese o americano indipendente), La scoperta dell’alba (titolo di rara bellezza, da cui la canzone dei Subsonica che chiude la pellicola) sarebbe potuto essere un bel film, forse addirittura una perla. Sic stantibus rebus, resta un esperimento riuscito a metà che fa sorridere a mezza bocca e non strappa nemmeno un brivido di commozione o simpatia.

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