E' Aspettando il Mare di del tagiko Bakhtiar Khudojnazarov il film che apre la settima edizione del Festival di Roma, un vero e proprio kolossal di ampio respiro...
Chi si aspettava un’apertura glamour, con nomi di richiamo per il grande pubblico, resterà piuttosto deluso: il Festival del Cinema di Roma, quest’anno per la prima volta diretto da Marco Mueller, debutta con Aspettando il mare di Bakhtiar Khudojnazarov, regista russo di origine tagika con all’attivo titoli osannati dalla critica (Luna Papa e Pari e Patta, vincitore del Leone d’Argento a Venezia nel 1993) e, per la verità, assai poco conosciuti dalla maggior parte degli spettatori. Questa sua nuova, grandiosa opera rappresenta l’indubbio apice della sua carriera, e vede la luce dopo sei anni di tormentata gestazione.
Aspettando il mare è un’immaginifica odissea al contrario, la storia di un viaggio verso una casa che non è casa, ovvero quel mare che una misteriosa tempesta di sabbia ha improvvisamente fatto scomparire e la cui assenza ha destinato a lenta agonia il piccolo villaggio del protagonista, il marinaio Marat. Solo contro tutti, deriso dai propri compaesani e supportato nella sua bizzarra impresa solo dal fedele amico Balthazar e dalla bellissima cognata Tamara, l’uomo si metterà in viaggio con la propria imbarcazione, navigando nella sabbia attraverso il deserto, alla ricerca di quel mare che rappresenta per lui l’estremo limite e la sua unica e ultima ragione di vita. Nello scenario abbagliante e maestoso del deserto, Marat affronterà ostacoli e peripezie, lungo un cammino che diventa via via sempre più arduo e disperato.
Benché pregno di una profondità certo poco comune per il cinema mainstream,
Aspettando il mare ha in realtà molti tratti che lo distinguono nettamente dai film di nicchia. In primis, è un kolossal nel vero senso della parola: bastano poche immagini per rendersi conto dell’ampissimo respiro visivo che lo contraddistingue dall’inizio alla fine. I paesaggi desertici bruciati dal sole echeggiano sia la grande tradizione del western, sia quella pittorica dei maestri romantici, da Friedrich a Turner, sebbene con colori (e calori) ben diversi. Non è un caso, a questo proposito, che la tematica centrale della pellicola sia quella della ricerca del mare che diventa ricerca di un nuovo Paradiso, di una Terra Promessa antitetica rispetto al canone. Il topos del viaggio verso l’Eden è tra i più cari al cinema western, ed in questo oltre che nell’impianto visivo sussiste il grandioso omaggio reso da Khudojnazarov a questo genere.
D’altra parte, il western è direttamente derivato dall’epoca classica, ed è proprio all’epos dei grandi poemi dell’antichità che Aspettando il mare si ricollega, seguendo il millenario fil rouge che accompagnò Ulisse e che ora accompagna il marinaio Marat nelle proprie utopiche peregrinazioni, lottando ieri come oggi contro il dominio degli elementi, tanto più grandi di un singolo uomo. Il fato dell’essere umano è scritto, sembra volerci dire Khudojnazarov, ma colui che ha il coraggio di non arrendersi di fronte all’evidente supremazia della natura può trovare, in sé, la forza di riscrivere il proprio destino.