Rocket Girl vol. 1, la recensione

Rocket Girl è una poliziotta quindicenne che, con la sua tuta jet-pack, viaggia nel passato per impedire il verificarsi di crimini temporali...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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- Ci dev'essere un'idea dietro. Non possiamo decidere di fare un fumetto senza una premessa. Non possiamo inventarci un nome figo... come... non so... Rocket Girl... senza avere una storia dietro.
- Aspetta. Rocket Girl?

È sufficiente questo buffo dialogo, che funge da prefazione al primo volume del fumetto appena pubblicato in Italia da BAO Publishing, a lasciar intuire l'elaborato brainstorming dietro alla nascita di Rocket Girl.

Una poliziotta quindicenne proveniente da un futuro ultra-tecnologico viene mandata nel passato per investigare sui crimini contro il tempo attuati dalla megacorporazione Quintum Mechanics. La giovane Dayoung Johansson può aggirarsi rapidamente per la città grazie alla sua tuta dotata di jet-pack, ma pur appartenendo alle forze dell'ordine dovrà sfuggire alla polizia di New York, visto che i suoi predecessori la considerano una criminale o una vigilante che agisce ai confini della legalità.
È un incipt semplice e che forse non brilla per l'originalità di alcuni elementi, ma sicuramente è in grado di attirare l'attenzione dei potenziali lettori e regalare un po' di divertimento leggero.

Come molte opere di fantascienza, l'argomento dei viaggi nel tempo crea paradossi in grado di creare confusione nello spettatore. In Rocket Girl però uno degli elementi più stranianti è già nel setting di partenza, visto che il futuro (un futuro iper-tecnologico e decisamente lontano dagli standard attuali) sia il 2013, mentre il presente sono gli anni '80.

Siamo ormai abituati a imbatterci in storie scritte nel passato, come Ritorno al Futuro o Blade Runner, in cui il futuro è un anno molto vicino alla data segnata sui nostri calendari, e purtroppo siamo costretti a constatare che tutte le meraviglie futuristiche immaginate dagli autori non si sono concretizzate nel mondo reale.

Qui però il futuro è il 2013, in un fumetto pubblicato per la prima volta negli USA nel 2014, quindi ormai "passato" nella sua prima apparizione presente (Grande Giove! ...riuscite a seguirmi?)
L'impressione è che gli autori abbiano voluto ricreare l'atmosfera dei fumetti e film anni '80, in cui si guardava al futuro togliendo ogni freno all'immaginazione, anche per l'idea alla base della vicenda lontana dalla complessità presente nella maggior parte della fantascienza attuale.

Una volta presentato il setting, Brandon Montclare non riesce a imbastire una trama in grado di tenere viva l'attenzione; ci sono alcune scene interessanti, ma i momenti di confusione e i passaggi in cui non si capisce bene dove la storia voglia andare a parare sono la maggioranza.

I personaggi sono caratterizzati come in un B-movie d'azione, e il fatto che l'elemento più affascinante della protagonista sia il jet-pack che porta sulla schiena lascia intendere quanto profondo sia il personaggio: intrigante nell'idea quanto un bambino che gioca in cortile al grido di "Facciamo che posso volare grazie a uno zaino sulla schiena e viaggio indietro nel tempo!", ma purtroppo non evoluto dall'abilità narrativa che ci si aspetterebbe da uno sceneggiatore professionista.

Il corpo di polizia a cui appartiene Dayoung è composto unicamente da adolescenti, perché nel futuro non ci si può fidare di tutti gli individui con più di 30 anni; per quanto il concetto possa sembrare infantile e vicino a certe divisioni generazionali presenti in alcuni romanzi per bambini, avrebbe potuto essere spiegato meglio e reso credibile, ma purtroppo il livello di lettura di questa struttura sociale rimane troppo superficiale.

Appare bizzarra anche la suddivisione nel racconto, che alterna le vicende di Rocket Girl nel 1986 e mostra ciò che avviene nel 2013 dopo la sua partenza; il dilemma principale della protagonista però è che ogni sua azione potrebbe cambiare il futuro e non è sicura di cosa troverà al suo ritorno, ma mostrandoci entrambe le epoche questa sua grande paura viene sminuita, o apparire per certi versi addirittura incoerente.

Nonostante tutte queste pecche, Rocket Girl offre comunque motivi per essere letto e sono tutti da ricercare nel lavoro di Amy Reeder; la disegnatrice realizza tavole meravigliose, in grado di incantare e rendere interessanti i personaggi più per la loro caratterizzazione grafica ed espressività che per come sono stati scritti. Gli scenari sono ricchi di elementi, le scene d'azione hanno un forte dinamismo e suggeriscono con chiarezza i movimenti e le situazioni più caotiche, dimostrando uno studio accurato (di cui abbiamo alcuni esempi in coda al volume, dove tra il materiale extra possiamo osservare alcuni passaggi dalla sceneggiatura allo storyboard, fino ad arrivare alla tavola definitiva).

Quando, tra un episodio e l'altro ci si imbatte in una pin-up realizzata dalla disegnatrice, non si può fare a meno di perdersi nei particolari e nel tratto elegante che contraddistingue il suo stile.
Forse Rocket Girl non vi catturerà per la sua storia, ma è una vera gioia per gli occhi.

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