Rocket Arena, quando Quake incontra Fortnite | Recensione
Quake nel concept, Fortnite nell’aspetto, Super Smash Bros. nel gameplay, Rocket Arena è uno sparatutto online in terza persona che va interpretato
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Rocket Arena è il tentativo di Electronic Arts di introdursi in punta di piedi nel palcoscenico degli sparatutto competitivi in terza persona, un esperimento riuscito solo in parte, il cui successo dipenderà in larga parte dall’accoglienza che riceverà dagli appassionati del genere e, soprattutto, dal conseguente supporto che gli verrà garantito dal publisher.
Il primo impatto, a dirla tutta, è tutt’altro che incoraggiante, come se a Electronic Arts interessasse unicamente piazzarsi in quello specifico settore di mercato, piuttosto che provare realmente a gareggiare ad armi pari e viso aperto con i campioni del genere.
Il punto di riferimento di Rocket Arena è Quake, nonostante l’art design, tremendamente anonimo e chiaramente derivativo, strizzi l’occhiolino a Fortnite. In arene di medie dimensioni, due squadre composte da tre personaggi si sfideranno a colpi di bazooka e lanciarazzi, uniche armi ammesse nella competizione, con l’obiettivo si sbalzare gli avversari al di là dei bordi estremi dello scenario.
Similmente a quanto accade in Super Smash Bros., difatti, la barra che si riempie ad ogni colpo, e che si svuoterà riparandosi dagli attacchi per qualche secondo, non segnala la vita rimanente, ma la potenza dell’onda d’urto generata dall’esplosione dei proiettili nemici.
Il trucco, per farla breve, consiste nel creare un team affiatato, che attacchi all’unisono le truppe nemiche, concentrando il fuoco sul malcapitato di turno, stando ben attenti, al contempo, a difendersi dalle offensive avversarie.
L’idea di fondo è intrigante ed è ulteriormente galvanizzata da alcune trovate ludiche che rendono Rocket Arena uno sparatutto insospettabilmente profondo, ma poco digeribile sulle prime. Chi viene da titoli più immediati, difatti, faticherà ad entrare in sintonia con un gioco che nonostante l’aspetto estetico colorato e sfavillante, pretende grande applicazione ed un lungo apprendistato.
Ogni personaggio, tanto per cominciare, gode di tecniche speciali proprie. Da missili autoguidati, ad attacchi corpo a corpo, passando per la schivata, skill che accomuna tutto il roster, bisogna padroneggiare con maestria il proprio avatar, scegliendo di volta in volta quello più adatto al terreno di scontro e che completi al meglio il proprio team.
Come se non bastasse, per quanto si tratti comunque di bazooka, ogni unità spara in modo diverso. Calcolare con precisione la traiettoria del proprio proiettile è già di per sé un’operazione che pretenderà un allenamento intensivo, oltre che diverse, concenti sconfitte.
Ad impepare il tutto, inoltre, ci pensano gli Artefatti, oggetti sbloccabili a mano a mano che accumulerete punti esperienza, in grado di donare diversi bonus, spesso e volentieri aghi della bilancia in partite particolarmente impegnative e decise da singoli episodi.
Come dicevamo, il termine di paragone di Rocket Arena è Quake. Ciò significa che dovete aspettarvi uno sparatutto competitivo tutt’altro che accondiscendente, in cui l’abilità del singolo ha un peso enorme sull’economia della partita. Allo stesso tempo, tuttavia, senza un gioco di squadra condiviso ed efficace, aggiudicarsi la partita sarà tremendamente difficile, caratteristica che rende Rocket Arena un titolo estremamente più piacevole, e abbordabile, quando lo si approccia insieme ai propri amici, con tanto di chat vocale attiva.
Al di là dell’anonimo comparto artistico, ci sono altre magagne che al momento impediscono alla produzione di EA di ambire all’Olimpo del genere. Tanto per cominciare il roster soffre di un evidente problema di bilanciamento. Bastano un paio di match per individuare i personaggi più efficaci, avvantaggiati da alcune tecniche che andranno quanto prima depotenziate.
[caption id="attachment_215133" align="aligncenter" width="1000"] Tra le modalità vale la pena segnalare anche l’orda, in cui tre giocatori sono contrapposti ad un esercito di robot controllati dalla CPU. Purtroppo si tratta dell’ambito più debole e noioso del gioco[/caption]
Le arene, una decina in totale, dal canto loro sfoggiano un level design altalenante. Se la varietà è fuori discussione, tra città sommerse e metropoli futuristiche, così come è degno di lode il tentativo di caratterizzarle con trappole ed ostacoli specifici, treni, botole che si aprono su burroni senza fine e così via, non tutte sembrano tagliate attorno al gameplay del gioco. Alcune, per esempio, si snodano in stretti cunicoli che mortificano sparatorie che, visto l’arsenale in dotazione, hanno bisogno di ampi spazi per infondere la giusta dose di adrenalina, senza per questo rendere inutilmente caotica l’azione su schermo.
Infine, anche le modalità proposte non brillano particolarmente per inventiva o efficacia. Se la battaglia a base di palloni da lanciare verso la rete avversaria ricorda alla lontana Rocket League, se l’idea di raccogliere monete sparse per l’arena infonde un minimo di varietà al tutto, alla fine dei conti il caro e vecchio deathmatch è certamente l’opzione che meglio si sposa con la filosofia di fondo del gioco.
Quake nel concept, Fortnite nell’aspetto, Super Smash Bros. nel gameplay, Rocket Arena è uno sparatutto online in terza persona che va interpretato. Non è certamente un prodotto perfetto, né è stato realizzato con l’intento di imporre nuovi standard nel genere. Eppure per chi ama i competitivi vecchio stampo, chi è a caccia di qualcosa di vagamente originale, potrebbe farci un pensierino. Ci sono molte magagne, ma nulla che futuri aggiornamenti non possano risolvere.
Consigliato solo agli appassionati.