Robin Hood - L'origine della leggenda, la recensione

Fumettoso e pensato per vivere di sola azione, Robin Hood - L'origine della leggenda è proprio lì che fallisce

Critico e giornalista cinematografico


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Esiste il cinema coatto e Robin Hood - L’origine della leggenda è un film coatto.

Fast & Furious è cinema coatto, La leggenda del cacciatore di vampiri è cinema coatto, Wanted è cinema coatto e lo è anche questo Robin Hood.

In sé non c’è niente di male, non è una valutazione di merito e un film coatto può essere fantastico, per quanto la definizione in sé implica il grado zero dell’approfondimento accoppiato al grado massimo dell’esibizione di sé (ma di nuovo, non necessariamente è un male). Questo Robin Hood che vorrebbe tanto essere Matrix e che è pronto a copiare anche l’uso dei cappottoni lunghi oltre a ralenti e sparatorie (con frecce) è puro cinema coatto perché definisce i personaggi in base a quanto aderiscono al proprio gender. In base quindi non all’appartenenza biologica ma culturale a un sesso. Gli uomini hanno un senso in base a quanto sono uomini duri e virili o quanto non lo sono per niente, le donne in base a quanto esibiscono caratteristiche ancestrali di femminilità o in base a quanto invece le rifiutano. Tutto è estremizzato.

È così che all’inizio del film Lady Marian incontra per la prima volta Robin di Loxley nella sua stalla, quando tutta mascherata entra da una finestra per rubare un cavallo. È coperta in volto e ha un cappuccio ma anche una scollatura potentissima e un trucco che le evidenza gli occhi (ma sempre meno del seno). In seguito, in un eccesso di femminilità idealizzata sarà anche caritatevole, dolce e forza mitigatrice (nonché possiederà anche la più tipica delle doppiezze sentimentali che il cinema associa da sempre alle donne). Robin invece è un uomo tutto d’un pezzo, guerriero duro che si associa con un musulmano (come avveniva in quell’altro Robin Hood, del 1991, solo che qui si fa sibillinamente chiamare John) ancora più duro e battagliero di lui: indomabili!

Eppure a fronte di tutto questo, atto ultimo di cinema coatto, Robin Hood - L’origine della leggenda è un film molto timoroso della violenza che non mostra mai, svelando così definitivamente anche il proprio target basso, preadolescenziale. Anche perché ad essere semplificata e stilizzata non è solo la categorizzazione dei personaggi ma anche la maniera in cui si creano e risolvono conflitti o quella in cui sono gestiti i rapporti sentimentali, sempre all'insegna della durezza che incontra la dolcezza. Nel cinema coatto il punto di tutto è sempre un attacco al proprio gender: qualcuno mi ha rubato la donna, qualcuno mi sta umiliando, qualcuno fa del male ai poveri stimolando il mio senso di giustizia, qualcuno vuole prevaricarmi. E il mito di Robin Hood ben si presta a tutto ciò.

Ovviamente è centrale l’azione anche se obiettivamente Otto Bathurst non brilla in questo comparto. Nonostante sia la parte più importante del film, non trova mai una chiave personale, non disegna scene memorabili e preferisce imitare l’azione altrui (esilarante come arco e frecce siano sempre usati come fucili), per quanto invece Taron Egerton abbia le potenzialità giuste per le scene fisiche come ha dimostrato nell’altro film coatto con cui è emerso, Kingsman. Questo è il vero fallimento del film, perché ad accettarlo per quello che è ci si può anche divertire con Robin Hood - L’origine della leggenda, ma visti i presupposti è difficile mandare giù un’azione così confusa per così tanto tempo.

Discorso diverso invece per la trama che trova una strada clamorosa per non proporsi come la solita riproposizione: non ce l’hanno raccontata mai tutta la vera storia di Robin Hood, ma adesso saprete bene come sono andati i fatti. Parte da questo la nuova storia di furti ai ricchi per dare ai poveri, dall’idea che ci sia qualcosa che non ci hanno voluto dire, che è stato tenuto nascosto e che finalmente viene portato a galla. Non ci crede neanche il film che sia un’affermazione seria, ovviamente, perché quel che vedremo è un’esibizione di fantasia sfrenata, una storia della nascita di un eroe senza superpoteri disegnata come un fumetto. Robin di Loxley torna in patria e assume l’identità segreta di The Hood per combattere lo sceriffo di Nottingham ma non farà che creare una nuova nemesi per i prossimi (eventuali) film. Come da manuale.

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