Robe of Gems, la recensione
Sotto il segno di Carlos Reygadas, Robe of Gems è un ritratto senza sconti di un mondo crudele, con al centro tre figure femminili
La nostra recensione di Robe of Gems, disponibile su MUBI dal 20 febbraio
Mentre sta divorziando, Isabel lascia la città con i suoi due figli per raggiungere la casa di campagna abbandonata della sua famiglia. Ben presto scopre che la sorella della governante, María, è scomparsa. Quando le offre il suo aiuto, tra le due si crea un tacito patto per ritrovare la donna. Nel frattempo, Roberta, la comandante di polizia incaricata delle indagini, cerca di sottrarre il giovane figlio al cartello della droga.
La storia di Robe of Gems procede tramite una poderosa dilatazione temporale, configurata da un andamento lento ed ellittico, che richiede grande attenzione e lascia allo spettatore il compito di annodare i fili. Le piccole svolte narrative avvengono sottrotraccia, attraverso improvvisi dialoghi o scene preganti che rompono per brevi istanti l'orizzonte del film. Nel finale alcune questioni troveranno una propria quadra, altre rimarranno in sospeso, lasciando intatto la dimensione del mistero presente fin dall'inizio. Ma il rischio di un cinema di questo tipo è che, arrivati a questo punto dopo tanto tempo, l'interesse sia ormai esaurito.
La regia infatti guarda sempre con distacco le vicende e il mondo al centro del film. Evita qualsiasi vezzo stilistico, per cercare di rendere la crudeltà e l'ineluttabilità del male che lo domina, in cui tutti rimangono invischiati. L'obiettivo poteva essere quello di delineare un'atmosfera dove a emergere sono le sensazioni dei personaggi e il respiro di un intero ambiente. Paradossalmente, però, quest'approccio diventa controproducente: il ritratto risulta sempre freddo verso i suoi personaggi ed edulcorato rispetto alle sue premesse. Così, quando proprio sul finale arriva finalmente una scena visivamente suggestiva, è forse troppo tardi.