Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration, il modo migliore per festeggiare la carriera di Lara - Recensione

Migliorie grafiche, tutti i DLC e persino il supporto alla realtà virtuale: la recensione di Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


Condividi

Effettivamente, sulle prime, è straniante avere a che fare con la giovane Lara. Si aggrappa istintivamente alle sporgenze, arriva quasi ad inciampare sui suoi passi non appena la neve abbonda sul terreno, perde l’equilibrio sulle superfici scivolose, ansima di continuo per la fatica, per il dolore, per la paura.

Anni e anni di avatar pressoché impassibili e imperscrutabili ci hanno reso tutt’altro che sensibili alle effettive difficoltà che affrontano continuamente, portandoci a crederli invincibili guerrieri, se non ingenue marionette la cui sorte, spesso e volentieri, è decisa da un capriccio, da semplice curiosità, da banali errori d’inesperienza.

Questo è il vero merito da attribuire al reboot della saga che ha da poco festeggiato i vent’anni di vita. Crystal Dynamics ha trasformato Lara Croft da mascotte, da simbolo del videogioco degli Anni ’90, in un vero e proprio personaggio psicologicamente profondo, animato da motivazioni ben chiare, caratterizzato da precisi limiti e debolezze. Questa sua umanizzazione, pur senza eliminarne in toto le qualità straordinarie (per non dire sovrumane) in termini di resistenza e agilità, è il cardine del gameplay, la ragione d’essere di Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration e relativo prequel.

[caption id="attachment_162705" align="aligncenter" width="600"]Rise of the Tomb Raider 20 Year Celebration screenshot Grazie all’Istinto di Sopravvivenza, che evidenzia gli elementi dello scenario con cui si può interagire, trovare risorse da raccogliere e animali da cacciare è relativamente semplice.[/caption]

Lara non è indomabile, invincibile, intangibile. La sua pelle si scortica, le ferite ne limitano i movimenti, le contusioni modificano il modo di camminare e la reattività nei cambi di direzione. Sono particolari impercettibili, il più delle volte totalmente ininfluenti sul piano prettamente ludico. Eppure bastano per cambiare completamente la percezione che si ha dell’avatar, per veicolare un’esperienza largamente inedita, persino spiazzante, in cui il videogiocatore è implicitamente coinvolto emotivamente, a tal punto da valutare ogni mossa con estrema cautela pur di non ferire inutilmente la giovane eroina.

Il gameplay, non a caso, si adatta e amplifica a dismisura queste sensazioni. Dopo una breve scampagnata in Siria, utile più che altro a prendere confidenza con i comandi, ci si ritrova in Siberia, circondati da minacce di ogni tipo. Soli e abbandonati al proprio destino, ci si scopre in lotta con una misteriosa organizzazione, intenzionata a mettere le mani su un manufatto che promette la vita eterna, ma soprattutto con la natura, noncurante e totalmente disinteressata nell’essere equamente spietata nei confronti del più debole.

"Crystal Dynamics ha trasformato Lara Croft da mascotte, da simbolo del videogioco degli Anni ’90, in un vero e proprio personaggio psicologicamente profondo, animato da motivazioni ben chiare, caratterizzato da precisi limiti e debolezze."

La vostra principale preoccupazione, in effetti, sarà proprio questa: non essere la più debole, l’ultimo anello di una catena alimentare piuttosto variegata.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration alterna fasi lineari a momenti in cui vagherete in scenari open world, liberi di scegliere la propria occupazione. Si possono completare missioni secondarie; andare alla ricerca di tesori; intrufolarsi nelle Tombe per ottenere grandi ricompense risolvendo puzzle ambientali spesso ispiratissimi; cacciare animali selvatici e raccogliere risorse, indispensabili per ricaricarsi di munizioni e potenziare il proprio equipaggiamento.

Come una sorta di Metrodivania, il gioco mette a disposizione nuovi gadget e upgrade che aumenteranno non solo il potere offensivo di Lara, ma anche la sua capacità di muoversi da una zona all’altra. Il rampino, solo per fare l’esempio più classico, le permette di raggiungere zone sopraelevate e di farsi strada in sentieri inesplorati. Il backtracking, mai eccessivo e per lo più facoltativo, dona un sapore particolare all’avventura, un senso di progressione solidissimo, che ripaga ogni secondo speso nel crafting e nella raccolta di materie prime.

Del resto, non sarebbe così, se il tutto non fosse sostenuto da un sistema di controllo preciso e reattivo, nonostante qualche sbavatura nelle fasi di mira e nel feedback delle armi da fuoco. Con l’arco tutto funziona alla grande. Sentire la corda che si tende, mentre si aggiusta la mira, regala un piacere quasi atavico. Anche attendere gli avversari nell’ombra, muovendosi di soppiatto e sfruttando gli ostacoli naturali come ripari, regala immense soddisfazioni.

L’anima stealth, insomma, convince, al contrario di quella più puramente action, che tradisce uno sviluppo meno attento ai dettagli. Complice un’I.A. degli avversari non proprio all’altezza, gli scontri a fuoco appassionano meno del previsto, rendendo l’ultima parte dell’avventura, quando le cose si fanno forzatamente più dirette e adrenaliniche, poco affascinante.

[caption id="attachment_162707" align="aligncenter" width="600"]Rise of the Tomb Raider 20 Year Celebration screenshot Tra fasi lotta, caccia, missioni più votate allo stealth e altre in cui sfoderare ogni bocca di fuoco in proprio possesso, la varietà è certamente tra i principali pregi del gioco.[/caption]

Fortunatamente, proprio quando il gameplay mostra il peggio di sé, la trama regge alla grande. Anche da questo punto di vista non manca qualche passaggio a vuoto, ma là dove Uncharted 4: Fine di un Ladro sapeva sorprendere con una regia semplicemente impeccabile, Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration, simbolicamente, si arrocca attorno alla disciplina di competenza di Lara Croft: l’archeologia. Sì, perché la narrazione del gioco, al di là delle cut-scene, comunque riuscitissime e generose di colpi di scena, vive soprattutto di piccoli accenni, di testimonianze rubate e rintracciate esplorando la mappa. Grazie a registrazioni, iscrizioni e pergamene, il mondo di gioco viene espanso in maniera vertiginosa, rivelando dettagli, dei protagonisti e della vicenda in generale, che possono cambiare completamente il parere e la comprensione dell’epopea di Lara.

La scelta stilistica, in questo senso, è stata coraggiosa, ma non completamente vincente, affascinante, ma difficilmente condivisibile all’unanimità. Limitandosi al completamento delle missioni principali, la storia perde buona parte del suo mordente e solo chi avrà pazienza, tempo e voglia, collezionando tutti i documenti sparsi per le ambientazioni, potrà godere appieno della pur bellissima trama del gioco.

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration, rispetto alla versione originale, presenta diverse novità. La prima che salta all’occhio è quella relativa all’aspetto grafico. La linea d’orizzonte è stata ampliata, le texture sono più definite che mai, il frame rate non scende mai sotto la soglia dei 30fps. Lo stacco rispetto alla versione per Xbox One è evidente, ma non così pronunciato.

Sul fronte dei contenuti, si registra la presenza di tutti i DLC fino a qui rilasciati; la possibilità di giocare in co-op la modalità Stoicismo, che vi vede impegnati a sopravvivere in uno scenario il più a lungo possibile; l’avventura aggiuntiva Legami di Sangue che si può giocare anche in versione realtà virtuali se si è in possesso di PlayStation VR.

Questo livello extra è ambientato nel maniero Croft e abbandona qualsiasi velleità action per trasformarsi in tutto e per tutto in un’avventura grafica più votata all’esplorazione, che alla risoluzione degli enigmi. Con il visore di Sony, quella che potrebbe apparire come una modalità poco stimolante, se non per gli stuzzicanti easter egg che faranno la gioia dei fan di lunga data, si trasforma in un’avventura estremamente più coinvolgente. Dura poco, ma immergersi in prima persona nei corridoi e sale della villa del padre di Lara regala grandi emozioni, oltre che qualche attimo di terrore.

[caption id="attachment_162706" align="aligncenter" width="600"]Rise of the Tomb Raider 20 Year Celebration screenshot Raggiungendo l’accampamento, si possono spendere i punti esperienza accumulati per incrementare le proprie abilità, dedicarsi al crafting e selezionare l’abbigliamento di Lara in base alla missione da affrontare.[/caption]

Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration è un gioco semplicemente imperdibile per i fan della bella archeologa, caldamente consigliato a tutti gli appassionati del genere e a chi cerca qualcosa di comparabile, pur con le dovute distanze, ad Uncharted. La produzione di Crystal Dynamics non è perfetta. Il gameplay, nelle fasi più action, traballa lievemente; la trama vive di qualche alto e basso di troppo. Eppure si resta incollati per tutta la durata della campagna, una ventina di ore in tutto senza considerare le missioni secondarie, piacevolmente sopresi anche dalla qualità dei DLC e modalità alternative.

Chi ha già avuto il piacere di giocarlo, a suo tempo, su Xbox One e PC non ha particolari motivi per acquistare anche questa versione per PlayStation 4. I contenuti aggiuntivi sono disponibili anche a chi ha sottoscritto il season pass, l’upgrade grafico non è così marcato. Al massimo potrebbe essere interessante provare Legami di Sangue con il PlayStation VR, ma vuoi per la durata, vuoi per le meccaniche di gameplay, in realtà l’esperienza è paragonabile ad una divertente e gustosissima demo per la realtà virtuale.

Continua a leggere su BadTaste