Riposare in pace, la recensione

La nostra recensione di Riposare in pace, dramma argentino su un uomo che finge la propria morte per salvare la sua famiglia

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La nostra recensione di Riposare in pace, disponibile su Netflix

La pura cura adottata per Riposare in pace la si intuisce già dalle prime scene, dominate da una fotografia ipersatura tipica dei prodotti Netflix. Le vicende si svolgono a Buenos Aires, ma i riferimenti locali sono sparuti, in una storia che vorrebbe raccontare valori universali. Qui incontriamo Sergio, imprenditore con una famiglia felice ma anche con tanti debiti, che non riesce più a pagare. Quando le cose sembrano precipitare, una circostanza fortuita gli permettere di fingere la propria morte, abbondare tutti e ricominciare da zero in Paraguay.

Riposare in pace si sviluppa con una forte contraddizione interna: avere a disposizione materiale da film di serie B ma puntare a essere ben altro, non riuscendo nei propri intenti. Lo spunto di partenza poteva portare a un action/revenge movie muscolare e senza tanti fronzoli; invece, il regista/sceneggiatore Sebastián Borensztein (Criminali come noi) si concentra sull'aspetto umano e drammatico della storia. Il protagonista è un uomo buono, che si ritrova suo malgrado (non ci vengono dette le ragioni delle sue difficoltà finanziarie) in una situazione da cui è impossibile scappare, scegliendo un gesto estremo pur di salvare i propri cari. Peccato che da questa descrizione sommaria poi la storia non approfondisca minimamente la sua figura: se insomma Sergio fa "tutto per la propria famiglia", come un altro iconico personaggio seriale, manca di qualsiasi sfumatura, di qualsiasi ambiguità. Tutto è costruito per far avvicinare lo spettatore al protagonista, ma l'effetto è così quasi l'opposto, complice anche l'interpretazione monotona di Joaquín Furriel.

Senza aver molto da dire, il film si dilunga nella prima parte introduttiva e in quella che segue il plot twist, piene di dinamiche convenzionali e scene stagnanti, che non fanno altro che sottolineare gli stessi concetti. Anche poi nel finale, quando finalmente si innesca una componente thriller, il focus è sempre sul dramma del padre, sulle lacrime e la commozione, piuttosto che sulla tensione. Il problema è il ricorso a sciatte scorciatoie a livello di sceneggiatura e di messa in scena, tra musica enfatica d'accompagnamento e abuso di ralenti. Se dunque l'approccio intimista poteva diventare un'ottima occasione per smarcarsi ed emergere nel mare magnum di prodotti simili, mancano le basi necessarie per rendere Riposare in pace un film convincente.

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