RiME, una forte identità visiva e poco altro - Recensione

Dopo tanta attesa RiME arriva finalmente su PC e console, con l'intenzione di emozionare il giocatore: scoprite nella nostra recensione se con successo

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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RiME vorrebbe raccontare una storia solo con le immagini, senza parole, vorrebbe catturare il giocatore grazie alle sue atmosfere particolari, un po' surreali, un po' oniriche, anche un po' lugubri, sicuramente sempre struggenti, perché è francamente difficile rimanere indifferenti rispetto a quanto la produzione di Tequila Works mostra sullo schermo. E' la bellezza della natura a colpire per prima, poi il mistero delle strutture che si stagliano sull'isola che è il punto di partenza dell'avventura del ragazzo con il manto rosso, un punto di partenza dal quale si dipana un viaggio totalmente incoerente nella progressione geografica, ed eccolo l'altro elemento atto a irretire, la totale non linearità della narrazione, attraverso punti sparsi che si chiede al giocatore di unire, un po' con gli indizi che vengono lasciati riguardo la storia, di più con la sua immaginazione, o anche solo col proprio sentire. RiME appartiene quindi alla schiera dei titoli d'atmosfera, pur sforzandosi molto di più della maggior parte dei suoi congeneri dal punto di vista ludico.

Non potrà non notare colui che avesse giocato The Last Guardian similitudini con l'opera di Fumito Ueda, per la somiglianza dei rispettivi protagonisti ovviamente, ma anche per l'impostazione ludica, quella di un platform, con momenti nei quali saltare e arrampicarsi, con molti enigmi ambientali, da risolvere in varie maniere. Non c'è in RiME un corrispettivo di Trico, che del gioco di Ueda è attore ma anche elemento di gameplay importantissimo, e nemmeno c'è tutto lo studio riguardo, per esempio, la sfruttabilità in chiave di gameplay dell'architettura: l'opera di Tequila Works è molto più basilare sotto questo punto di vista (e vari altri), il che la dice lunga sulle sue qualità espressamente ludiche, perché nemmeno The Last Guardian eccelle sotto questo punto di vista. In comune i due titoli hanno, purtroppo, un sistema di controllo poco preciso, anche se in RiME funziona decisamente meglio che nel gioco di Ueda.

[caption id="attachment_173134" align="aligncenter" width="600"]RiME screenshot La direzione artistica del gioco è assolutamente ispirata[/caption]

Al giocatore vengono proposte ambientazioni solo in apparenza vaste ed esplorabili: è vero, si viene incoraggiati a ficcare il naso tra una rovina e l'altra, ma le ricompense sono poco importanti, e dallo scarsissimo valore ludico. Quanto impone la progressione è una linearità quasi totale, è sempre abbastanza chiaro il da farsi, a ricordarlo una vispa volpe che è la compagna d'avventura del protagonisti. L'esperienza di gioco fluisce senza particolari intoppi, ci si può ritrovare in difficoltà di fronte a pochi degli enigmi previsti, purtroppo nella maggior parte dei casi più per la loro scarsa ispirazione che per una loro intelligente costruzione. Ricorrono in molti di essi gli stessi elementi, come il giocare con le ombre proiettate da una luce, ricomporre archi per aprire le porte che delineano, utilizzare il potere della voce del protagonista per attivare determinati interruttori. Il potere in questione è una delle poche idee realmente interessanti infilate nella struttura di gioco, ma è purtroppo sfruttata in maniera poco creativa e per nulla stimolante.

"C'è della confusione in RiME, forse data dall'incapacità nell'aver impresso alla produzione una direzione ben definita"

Eppure RiME è quel tipo di opera nella quale il risultato è superiore alla somma delle parti. Non riesce ad appassionare col suo gameplay, ci riesce con le misurate note della colonna sonora, con i suoi scorci, rigogliose foreste, deserti assolati, spiagge bianche, in un'esplosione di colori accesi e ispirazioni mediterranee, che pochissime altre volte abbiamo visto in un videogioco. Ha quindi un'identità stilistica praticamente unica e fortissima, perfetta per convogliare il sentimento nel giocatore: quale lo dettano proprio i cambiamenti cromatici, le ambientazioni splendono o vengono oppresse dai colori dell'animo. Basta questo a creare un legame empatico saldo? Non del tutto, a detta di chi scrive, perché si tratta di un legame labile, ci sono momenti che rapiscono il cuore, ma nella maggior parte degli altri si viene disturbati da quell'elemento fuori posto, dal piccolo fastidio di un enigma scialbo o da quel bizzarro calibramento della distanza dei salti.

[caption id="attachment_173135" align="aligncenter" width="600"]RiME screenshot L'uomo col manto rosso apparirà a più riprese, a voi scoprire l'identità[/caption]

C'è della confusione in RiME, forse data dall'incapacità nell'aver impresso alla produzione una direzione ben definita. Ecco allora gli enigmi di solo sufficiente qualità, l'incostanza del legame empatico, il forse eccessivo ricorrere al simbolismo. E' un'opera imperfetta quella di Tequila Works, senza picchi non di eccellezza, ma nemmeno di particolare qualità. Riesce ad arrivare, pur nella sua imperfezione, ma non a tracciare un solco profondo nell'animo di chi ne fruisce, una problematica critica in relazione a quanto vorrebbe essere.

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