Ride, la recensione
Raro film che consegna ciò che aveva promesso, Ride è vero cinema di genere di livello internazionale
E non solo all’interno del suo minutaggio.
Non era facile consegnare davvero un film simile in un paese che non ne fa. Detto in altre parole: non era facile creare un film da industria del cinema in un paese che non ha un’industria del cinema. Ride invece è vera "serie B" odierna, senza fronzoli e senza ambizioni da serie A, è cioè un film che è figlio di diversi immaginari (quello dei video sportivi come detto, quello del cinema found footage, quello dei videogiochi da cui attinge per tantissime dinamiche e grafiche ecc. ecc.) ma padre di nessuno, non ha intenzione di creare una dimensione visiva nuova ma di sfruttarne altre già esistenti per puntare dritto alle sensazioni base (paura, eccitazione, tensione…). Non vuole avere diversi livelli di lettura ma fondare se stesso sulla propria azione e sull’obiettivo dei personaggi, qualsiasi altro tipo di significato sta negli occhi degli spettatori, ma il buono è che può anche non starci senza che l’operazione perda di senso (che invece è il problema di tantissimo cinema italiano inutilmente ambizioso).
Con un finale perfetto per lo stile found footage, ma un sottofinale in cui l’azione viene meno (dovrebbe essere epica e non lo è, dovrebbe essere comprensibile e lo è poco), Ride chiude forse un po’ sottotono rispetto alle premesse, ma comunque confermando il proprio ossimoro: essere un film medio che risulta eccezionale e sorprendente all’interno di una (non)industria del cinema come la nostra, che per decenni si è dimostrata incapace di produrne e ha di fatto dimenticato come fare.