Riddick, la recensione

Riddick torna al cinema con un nuovo episodio che, sebbene discontinuo, è ricco d'azione e di momenti divertenti...

Mi occupo di Badtaste dal 2004 con l'aiuto di un grande team.


Condividi

Pitch Black e Le Cronache di Riddick sono due film molto diversi. Se il primo ha la forma di un vero e proprio action movie, pur di stampo fantascientifico, e soddisfa per via della sua semplicità, il secondo delude principalmente perché cerca di costruire e ampliare una mitologia dimenticando il punto di partenza stesso dal quale parte, ovvero l'eroe d'azione.

Riddick, il terzo episodio arrivato in sala dopo una tormentata lavorazione, ha un grande pregio: tenta in tutti i modi di farci dimenticare il secondo film diventando in realtà una avventura a sè (non è necessario aver visto i primi episodi per godersi la storia). Non mancano i riferimenti agli altri due film, ma non sono essenziali, sono più una premessa: Riddick viene tradito da Vaako (Karl Urban) che gli promette di mandarlo a Furya e invece lo spedisce su un pianeta ostile con l'intenzione di farlo giustiziare. Invece per il Furiano è l'occasione per un ritorno alle origini, e in questo luogo infestato da creature assassine e inquietanti finisce per ritrovare se stesso e il proprio istinto di sopravvivenza. La prima mezz'ora di film si trasforma quindi quasi in una pellicola muta, e seguiamo Riddick mentre si ambienta e addirittura si fa un nuovo amico, una sorta di iena-dingo gigante molto credibile e protagonista di alcune delle scene più divertenti del film. Proprio l'alternarsi di umorismo e azione (talvolta brutale, nella migliore tradizione di questo genere) conferisce a Riddick un tono più vicino a quello di Pitch Black che a quello del serioso secondo episodio.

Sul piano della struttura, invece, il film appare discontinuo: scoperta una base di segnalazione, il protagonista decide che l'unico modo per fuggire dal pianeta che lo tiene prigioniero è chiamare i cacciatori di taglie che sono sulle sue tracce. Le due squadre di mercenari che atterrano hanno uno stile decisamente diverso, ma finiranno per unire gli sforzi quando si renderanno conto che da predatori sono diventati prede. E' qui che il film cambia completamente registro: Riddick sparisce quasi completamente, diventando una figura mitica che i cacciatori di taglie imparano subito a temere, e il regista David Twohy (costruendo atmosfere più volte confrontabili con quelle di Predator) lavora molto bene sul piano della tensione. Tutto cambia nuovamente verso la fine, quando un trionfo di creature in CGI porta tutto su un piano decisamente inverosimile. Emblematica, poi, la scena finale, da un lato trionfo del nonsense, e dall'altro degna conclusione di un film non perfetto ma godibile.

Tecnicamente, pur con mezzi piuttosto limitati Twohy riesce a creare un universo cinematografico credibile. Gli effetti visivi e il creature design funzionano bene, ma è soprattutto nella chimica tra i personaggi (Riddick e il suo amico a quattro zampe, ma anche i due gruppi di cacciatori di taglie, tra i quali spiccano da un lato una splendida e letale Katee Sackhoff e dall'altro un delirante Jordi Mollà) che Riddick convince: personaggi, ovviamente, che più bidimensionali non si può, ma sappiamo bene che per questo genere di pellicole più che l'approfondimento psicologoico è richiesta una buona dose di frasi a effetto, cosa che a Riddick non manca.

Insomma, per gli amanti del genere Riddick non deluderà, anche se non si tratta né di un film memorabile nè di un passo avanti nella mitologia della saga.

Continua a leggere su BadTaste