Rick and Morty (quarta stagione): la recensione
Divertente, energica, caotica, la serie Rick and Morty torna con una brevissima prima parte della quarta stagione: la recensione
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Nella percezione comune, Rick and Morty è una serie molto più recente di quel che in realtà è. Per capirci, la prima stagione è andata in onda addirittura nel 2013. Semplicemente, come a volte succede, lo show ci ha messo degli anni ad uscire da una strettissima nicchia di appassionati e a diventare fenomeno popolare e serie di culto. E la serie ha dovuto raccogliere la sfida di questa popolarità, e il disagio che investe ogni progetto che (alcuni) fan vivono come una proprietà. E le polemiche, quelle che non mancano mai e che hanno visto Rick and Morty come veicolo di odio online e non solo. Ci sono stati i messaggi contro il presunto aumento delle sceneggiatrici donne, o le improbabili proteste contro la scarsa quantità di salsina speciale durante l'evento promozionale con McDonald.
In questa scelta, senza dubbio legata anche a esigenze produttive, c'è tutta l'idea di uno show che deve spingere continuamente l'asticella più in alto, sospeso tra la conferma di ciò che è stato e la necessità di dover meravigliare senza tradire. Che deve essere cult perché altrimenti non ha senso. Ci è riuscito? Dipende dall'episodio considerato, ma in generale sì, questa prima parte di stagione è divertente, creativa, energica, capace di confermarsi e di sorprendere. Un nuovo blocco, velocissimo, di avventure improbabili e spesso incomprensibili che mettono nonno e nipote alle prese con le bizzarrie dello spazio e del multiverso.
C'è un pianeta abitato da serpenti la cui timeline è sconvolta da un gesto di Morty. Il tutto dà il via ad un incomprensibile e illogico delirio temporale, al quale la scrittura si abbandona senza remore. Violenza e velocità guidano i momenti migliori dei cinque episodi: la frenesia splatter dell'animazione diventa puro godimento per chi già non vede l'ora di passare ad altro, alla prossima idea visiva o di dialogo, aspettandosi il meglio e spesso ottenendolo. La metanarrazione o postnarrazione è talmente banale e sfruttata oggi che solo un groviglio di idee spiazzanti può far funzionare una storia che si basa su di essa. E Rick and Morty ci riesce.
Magari non sempre o non come vorrebbe. C'è ad esempio un episodio ("Claw and Hoarder: Special Ricktim's Morty"). con i draghi dai risvolti erotici che vorrebbe essere cult immediato, ma è solo stridente. C'è poi una puntata ("One Crew Over The Crewcoo's Morty") tutta basata sui cliché da heist movie che urla Community – il precedente progetto di Dan Harmon – in ogni istante. E infine c'è la più intima (in molti sensi!) The Old Man and the Seat, in cui Rick condivide il suo spazio segreto per i bisogni fisiologici con un'altra persona, che potrebbe diventare suo amico. Si tratta dell'anima malinconica e triste della serie, che potremmo dimenticarci di tanto in tanto, ma non dovremmo, perché quando meno ce la aspettiamo salta fuori.