Il Ricco, il Povero e il Maggiordomo, la recensione
Ormai spompati Aldo, Giovanni e Giacomo arrivano a Il ricco, il povero e il maggiordomo senza nessuna idea e incapaci di portare avanti un film con coerenza
A 4 anni di distanza da La banda dei Babbi Natale non sembra essere cambiato molto.
Il ricco, il povero e il maggiordomo parte dai presupposti che paiono già evidenti nel titolo e mette insieme queste 3 diversità prima nell'agio e poi nella disgrazia, per andare a finire in un grande elogio della semplicità sotto l'egida dell'amore. Questo è tutto ciò che del film è chiaro, per arrivarci però si passa attraverso uno degli svolgimenti più farraginosi di sempre per il trio, in cui non interessa a nessuno la coerenza di situazioni e personaggi, non interessa la continuità nel dramma o la serietà dell'intreccio e, arrivati ad uno pseudo finale, inizia tutta un'altra parte (quella del matrimonio). A mancare è la tensione verso qualcosa, nessuno nella storia ha infatti un obiettivo di cui importi a qualcuno (sempre all'interno del film) o che valga la pena seguire e tenga sveglio un minimo d'interesse. L'unico punto fermo sembra essere che i personaggi tengano fede al loro stereotipo e da quello possa discendere ogni cosa, eppure le gag ne sono totalmente indipendenti. Se i tre attori si scambiassero ruoli potrebbero comunque fare le stesse mosse comiche.
Tutto ciò reggerebbe ancora se almeno la comicità funzionasse, invece le trovate tra Aldo e Giovanni o le incursioni dell'inadeguatezza fisica di Giacomo al loro dinamismo non solo sono le medesime di 15 anni fa ma risultano sempre meno dotate del corretto tempo comico.