Ribelle - The Brave, la recensione [2]
L'avventura scozzese della Principessa Merida non tocca l'eccellenza creativa delle altre opere della Pixar, ma segna comunque una tappa fondamentale nella storia dello studio...
aspettativa
[a-spet-ta-tì-va] s.f.
1 Attesa; (spec. pl.) speranze, previsioni: risultare molto inferiore alle a.
2 dir. Nei rapporti di lavoro dipendente, sospensione temporanea dal servizio attivo con conservazione del posto: a. per motivi di salute
Il fatto di lavorare nel segmento che concerne l'informazione che ruota attorno a quello che normalmente viene chiamato mondo dello spettacolo o show business, non ci rende necessariamente meno immuni alla prima accezione di significato del sostantivo femminile qua sopra. Anche chi col cinema ci campa, scrivendone e parlandone quotidianamente con tutti voi, smania per l'arrivo della nuova pellicola di questo o quel regista, interprete o sceneggiatore. Per una questione di onestà intellettuale verso i nostri lettori, dobbiamo, però, sforzarci di abbassare il livello e la forza di questa aspettativa: il nostro giudizio nel momento in cui ci troviamo davanti agli occhi il film in questione non deve essere inficiato da influenze preesistenti.
Per quanto mi riguarda, e credo che la mia opinione sia assimilabile a quella di tante persone la fuori, quando si tratta di un lungometraggio in arrivo da quella fucina di creatività e idee situata in quel di Emeryville, i Pixar Animation Studios, essere soggetto all'[a-spet-ta-tì-va] è, più che scontato, un atto quasi dovuto. I motivi, si sa, sono tanti e affondano le loro radici nella storia stessa della Pixar. Come un rizoma, le ragioni che spingono molti individui a guardare con occhi lucidi e gonfi d'ammirazione i film e i corti partoriti dalla nostra, si estendono in varie direzioni. Nel mio caso ho sempre ammirato la tenacia con cui i suoi pionieri, Ed Catmull, il troppo spesso dimenticato Alvy Ray Smith e, successivamente, John Lasseter e il leggendario Steve Jobs hanno trasformato, fra mille difficoltà, quella che era nata come “semplice” Computer Division della Lucasfilm in una delle realtà più floride e importanti del panorama cinematografico mondiale. Gli americani lo sanno bene: “no pain, no gain”. Senza dolore, senza sforzo non c'è guadagno. E la storia dei Pixar Animation Studios è piena di “dolore”, dedizione, impegno. Come tutti, sono poi stato letteralmente viziato da una serie di opere che, da Toy Story a Toy Story 3 – La Grande Fuga, non hanno praticamente mai reso inappropriato l'utilizzo del termine capolavoro.
L'anno scorso, con Cars 2, abbiamo avuto il primo, vero cedimento dello studio a delle dinamiche maggiormente volte allo sfruttamento commerciale di un loro brand. Cars 2, lo sanno anche i sassi, è un film fatto per allietare tutti quei piccoli spettatori che hanno eletto i prodotti su licenza ispirati a Saetta McQueen come i più redditizi per le casse della Disney/Pixar. Nulla di male in tutto questo. Come c'insegna il Maestro Yogurt di Balle Spaziali “i bambini lo adorano”.
Per tutta questa serie di motivi, Ribelle – The Brave era atteso, non solo da me, come il film capace di riportare Lasseter e i suoi sull'Olimpo di cartoonia.
Levo subito, a scansi di equivoci, il sassolino dalla scarpa: Ribelle – The Brave non si merita di essere fregiato con l'insegna di capolavoro come altri suoi illustri predecessori. Non ha l'inventiva e la brillantezza di un Monsters and Co., non ha l'audacia narrativa di un Up o di un WALL-E, non ha la raffinatezza e la perfezione del dittico di Brad Bird Gli Incredibili e Ratatouille.
In giro si è detto che la Pixar ha mancato il centro del bersaglio per via delle traversie produttive avute dalla pellicola. Forse è così, o forse non è così. La storia del cinema d'animazione è ricca di opere dalla lavorazione tribolata, che hanno rischiato la cancellazione, che hanno visto avvicendarsi alla sua regia ben più di un solo regista, ma che, nonostante questo, si sono conquistate di diritto il loro posto nella Hall of Fame della settima arte.
Ma il non avere quelle caratteristiche, insufficientemente elencate poc'anzi, che hanno unanimemente accolto come “capolavori” gli altri film della Pixar, non si traduce automaticamente con “brutto film”. Tutt'altro.
Ribelle – The Brave è un film estremamente godibile seppur nella sua linearità che affida a un twist in piena tradizione “fairy tale” il suo momento più “inatteso”, anche se eccessivamente “spoilerato” in fase di promozione internazionale e domestica.
Nel tratteggiare la prima storia in costume in cui sono le donne a rivestire il ruolo di protagoniste, Ribelle edifica un rapporto fra le due dominatrici della scena, la principessa Merida e sua madre, l'inflessibile regina Elinor, profondo, plausibile, ammiccante alla modernità nonostante l'ambientazione medievale. La ragazza dalla rossa chioma può arrivare a risultare persino petulante e fastidiosa in quei momenti in cui da spazio a quell'egoistico, ma del tutto giustificato, afflato di libertà che tutti noi, in età adolescenziale, abbiamo provato. Il dualismo, la rivalità che viene a crearsi con l'istanza materna è un passaggio in cui molte spettatrici, più o meno giovani, potranno probabilmente rispecchiarsi.
Inquadrato in quest'ottica, Ribelle – The Brave, è forse la pellicola di più chiara ispirazione miyazakiana della Pixar. Il rispetto reciproco che intercorre fra lo Studio Ghibli, John Lasseter and co. è arcinoto. E nella corsa a cavallo di una Merida in fuga dalle imposizioni della vita di corte è impossibile non riconoscere le tante eroine dai capelli mossi dal vento scaturite dalla creatività, apparentemente senza fine, di Hayao Miyazaki e soci. Un personaggio della pellicola pare poi citare in maniera decisamente esplicita, nella fisionomia, nelle proporzioni astruse e nella bizzarria del comportamento, certi character secondari di immortali capolavori come La Città Incantata o Il Castello Errante di Howl. Anche la svolta narrativa "fantastica" inserita in un setting altrimenti "realistico" pare strizzare l'occhio alla piccola Chihiro e alle sue peripezie nella terra delle maghe Yubaba e Zeniba.
Ben orchestrato anche il ritmo dei segmenti comici, affidati per lo più ai tre pestiferi fratellini di Merida, ai suoi pretendenti e ai loro rispettivi padri.
Tecnicamente poi, Ribelle – The Brave rispecchia totalmente il credo della Pixar che ho avuto modo di ascoltare illustrato dalla voce dello stesso John Lasseter in quel di Riccione lo scorso giugno:
Lavoro da sempre con l'animazione e cerco di dare vita a soggetti che combacino con la tecnologia disponibile e viceversa. E' questo il motivo per cui Toy Story funzionava. All'epoca la tecnologia consentiva di dare vita a personaggi di plastica, l'abbiamo fatto e quindi convince ancora oggi. La tecnologia deve essere integrata, non deve sviare dal film. Non deve distrarre lo spettatore dalla storia.
L'avventura scozzese di Merida è, infatti, il primo film dello studio a essere stato realizzato con il software d'animazione riscritto (maggiori dettagli qua). I risultati di questa “piccola rivoluzione” sono qua, davanti ai nostri occhi con tutta la loro sgargiante opulenza e limpidezza. Più che nel character design, la fastosità visiva emerge nell'incredibile ricchezza di dettagli degli abiti di foggia medievale, nelle flessuose animazioni dei capelli e delle frecce, nella fedele riproduzione dei nebbiosi paesaggi delle Highlands scozzesi. Ennesima, riuscita, dimostrazione del motto “la tecnologia è un mezzo, non un fine” seguito dallo studio. Il 3D è una piacevole, anche se non fondamentale, aggiunta.
Insieme a WALL-E e Alla Ricerca di Nemo, musicato da Thomas Newman, Ribelle – The Brave è uno dei pochi film Pixar a non essere accompagnato dalle note di Randy Newman o Michael Giacchino. Al loro posto troviamo lo scozzese Patrick Doyle di Thor e L'Alba del Pianeta delle Scimmie, che ci consegna un evocativa colonna sonora arricchita dalla presenza di tre brani cantati, due dei quali, Touch the Sky e Into the Open Air, eseguiti dalla cantante scozzese Julie Fowlis. Sulla qualità del doppiaggio italiano non posso esprimermi dato che la proiezione cui ho assistito era in lingua originale; uno scozzese reso più blando, nei toni e nella pronuncia, così da risultare comprensibile anche a chi vive nel Michigan o nel Montana e non ha mai visto Edimburgo neanche in cartolina. Detto questo, il cast vocale originale effettua un lavoro davvero ottimo.
La pecca maggiore di Ribelle - the Brave è, quindi, quella di non essere altrettanto “ribelle” come in passato hanno saputo essere le altre opere di Brad Bird, Andrew Stanton, Pete Docter, John Lasseter e Lee Unkrich. Di non essere altrettanto “folle” e fuori dagli schemi. Ma per sopravvivere nel duro e spietato mondo del cinema, uno studio ha la necessità di saper confezionare anche i cosiddetti “prodotti medi”, opere che, magari, non riescono a stagliarsi in maniera netta dal mezzo della folla, ma che hanno comunque il non facile compito di mantenere l'integrità, l'uniformità e la coerenza artistica di questa o quella etichetta. E dopo una sfilza di ben 11 “masterpiece” in 15 anni, i creativi di Emeryville sono del tutto legittimati a “prendersi tempo” e a giocare, eccola di nuovo, con l'aspettativa (personalmente punto tutto sul “film Pixar senza titolo diretto da Pete Docter che ci porterà nella mente umana” e in quello, altrettanto privo di denominazione, che, per la direzione di Lee Unkrich, parlerà a modo suo del Dia de los Muertos).
Ma tornando all'opera in analisi, “E' lo storytelling che guida la tecnologia” ci ha detto John Lasseter a Riccione. E da questo punto di vista, Ribelle – The Brave non tradisce di certo le aspettative.
N.B.: Ribelle - The Brave è preceduto dalla proiezione del corto di Enrico Casarosa La Luna. Ricordiamo ai nostri lettori che, in occasione della nomination all'Oscar ricevuta dal talento italiano in forza alla Pixar, abbiamo avuto modo di parlare di La Luna con l'artista tramite un'intervista esclusiva.