Riabbracciare Parigi, la recensione

Uscita da un attacco terroristico quasi illesa una donna vuole riabbracciare Parigi come metafora del ritorno a una impossibile vita normale

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Riabbracciare Parigi, il film di Alice Winocour in sala dal 9 novembre

I personaggi che elaborano un trauma sono ruoli che attori e attrici amano interpretare molto più di quanto il pubblico ami guardarli. Sono personaggi che vivono tutto dentro, hanno emozioni fortissime che però devono trattenere, gestire e che lungo il film elaborano. Compiono un viaggio interiore attraverso diversi stati, manifestando l’esplosione di dolore in certi casi in modi sommessi in altri più plateali. C’è tanto da recitare mentre nel film non accade niente. Sono film molto difficili da scrivere e girare, nonostante questo però se ne producono parecchi.

Riabbracciare Parigi è questo, un film che nel raccontare di un personaggio che cerca di venire a patti con il trauma di essere stata coinvolta in un attacco terroristico e aver visto molte persone intorno a sé morire, uscendone quasi illesa. Vediamo questo attacco all’inizio dal suo punto di vista e solo parzialmente. Il nodo del film sta nel fatto che lei non ricorda tutto e noi non abbiamo visto tutto. C’è qualcosa che è successo, alcuni sostengono lei si sia rintanata in bagno non facendo entrare nessun altro, e a un certo punto affiorano delle memorie di una persona con la quale si è nascosta e che le ha dato la mano.

La parte migliore di Riabbracciare Parigi sono proprio questi ricordi, cioè la maniera in cui cercare di rievocare quello che avviene quando, nascosti, si teme per la propria vita e si stringono legami con persone sconosciute. Ci sono i racconti della protagonista ma anche quelli di altri personaggi sopravvissuti che condividono con lei quello che è successo a loro (bellissimo quello della donna che bacia uno sconosciuto). Alice Winocour (che in passato ha sceneggiato il bellissimo Mustang) dirige questi ricordi con toni sfumati senza mai risultare kitsch, e Virginie Efira per fortuna non si abbandona al totale gigionismo da elaborazione di un trauma, riuscendo a rendere il film se non appassionante (non lo è mai) almeno onesto.

Tutto questo contribuisce per tre quarti a dare un interesse a Riabbracciare Parigi (che non è di certo Un sapore di ruggine e ossa, forse il più riuscito dei film sull’elaborazione di un trauma e l’inizio di una nuova vita). Dei molti obiettivi che si pone il film almeno uno lo centra, quello per l’appunto di raccontare l’impatto di pezzi di ricordi che emergono come fossero nuovi e soprattutto l’esistenza di un tipo di sentimenti, di affetti e di legami che non hanno niente a che vedere con quelli comuni ma che si possono formare solo in un contesto in cui la paura di morire è vicina.

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