Rez Infinite, la visione originaria e definitiva di Mizuguchi prende forma - Recensione

Psichedelico, sinestetico, lisergico: la recensione di Rez Infinite

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Rez Infinite, in questa edizione estesa e quanto mai definitiva, è metareferenziale, un mondo virtuale teso a dispiegarsi davanti agli occhi dei suoi esploratori, che si estende ben oltre l’orizzonte, tutt’intorno, a perdita d’occhio. L’immedesimazione è assoluta, la corrispondenza tra avatar e videogiocatore semplicemente totale.

Non esistono distanze, discrepanze, sfasamenti. Indossando il PlayStation VR si diventa a tutti gli effetti l’hacker che deve rispristinare Project-K, una sorta di Skynet che invece di distruggere l’umanità, sta involontariamente annientando sé stesso, teso e lacerato da una crisi di coscienza, dovuta ad un overflow di dati in entrata, che hanno reso l’I.A. in grado di indagare sulla sua stessa esistenza, sul motivo della sua attivazione.

[caption id="attachment_162334" align="aligncenter" width="600"]Rez Infinite screenshot Oltre alla modalità principale, divisa in cinque stage, ce ne sono altre. Pur non aggiungendo nuovi livelli, ognuna di esse impone condizioni alternative per aumentare (o abbassare ulteriormente) il livello di sfida.[/caption]

Rez Infinite non esiste al di fuori della rappresentazione grafica con cui viene tradotta questa battaglia tra l’hacker e l’antivirus di Project-K. Non c’è un mondo sull’orlo dell’apocalisse, né un gruppo di scienziati intenti ad analizzare l’evoluzione autoindotta del super computer che loro stessi hanno creato.

Tetsuya Mizuguchi, genio visionario che diresse lo sviluppo del gioco hai tempi della release originaria, nel lontano 2001 su Dreamcast e PlayStation 2, rinunciò volontariamente a qualsiasi orpello narrativo, operando per sottrazione, semplificando, riducendo. La trama è così diventa un brusio di sottofondo, un pallido pretesto per inscenare la guerra virtuale; il gameplay non concede libertà di movimento all’avatar; la grafica si rifà all’astrattismo di Kandinsky rinunciando alla complessità del realismo, esaltando la linea, il poligono, il punto.

"Rez Infinite è il coronamento della visione di Tetsuya Mizuguchi, la versione definitiva e più fedele al concept originario."

Rez era ed è uno sparatutto su binari, immediatamente comprensibile, facilmente domabile. Raggiungere i titoli di coda è pura formalità, l’uso del pad è minimo. Si vola lungo un corridoio che attraversa ambientazioni lisergiche, psichedeliche, che nulla hanno a che vedere con il nostro mondo. In questa fantasiosa e pur credibile interpretazione della realtà virtuale, comunque debitrice nei confronti di film come Il Tagliaerbe, Nirvana e Johnny Mnemonic, si combatte, a suon di missili teleguidati, l’antivirus di Project-K sotto forma di navicelle di varie forme e dimensioni.

Pad alla mano, è sufficiente trascinare il mirino sui nemici, tenere premuto l’unico tasto chiamato in causa per effettuare il lock-on, rilasciarlo per colpirli. Il trucco è ovviamente quello di esibirsi in combo più lunghe possibili, utili anche ai fini del punteggio, stando ben attenti a collezionare i power-up che incrementano la barra di salute dell’avatar.

Tutto bellissimo e tirato a lucido per l’occasione, con la complicità di un livello di definizione dell’immagine assolutamente sconosciuto all’edizione originale, che tuttavia non basta per descrivere ciò che Rez Infinite è realmente.

Il sonoro non è semplice accompagnamento, il sottofondo ideale all’epopea dell’hacker, un contorno utile ad abbellire ulteriormente un mondo già di per sé affascinante. La soundtrack, frutto dello sforzo di artisti che ruotano attorno alla scena tecno, è parte integrante dell’esperienza, il quid che rende la creatura di Tetsuya Mizuguchi un capolavoro coinvolgente ancora oggi, nonché un’opera sinestetica unica nel suo genere.

[caption id="attachment_162336" align="aligncenter" width="600"]Rez Infinite screenshot Rez Infinite impone una scelta. Giocandolo con la TV si ha certamente un livello di dettaglio grafico migliore. Con il visore, tuttavia, ci si può godere un’avventura psichedelica per non dire allucinogena.[/caption]

Tutto si piega e si fa influenzare dai beat, ogni azione si traduce in un suono che arricchisce l’arrangiamento, aumentandone così progressivamente la complessità, a mano a mano che ci si avvicina al drammatico scontro con il boss di fine livello. Rez Infinite, analizzandolo in questa prospettiva, diventa una sorta di rhythm game, in cui le dita che si muovono sul pad tengono il tempo, l’occhio percepisce la musica, l’ascolto aiuta a capire il momento migliore per colpire, per attaccare e distruggere le orde di nemici che vi fronteggeranno.

Sullo schermo della TV le cose funzionano alla grande. Il livello di dettaglio è strepitoso e l’Area X, livello aggiuntivo nuovo di zecca, pur tradendo uno stacco stilistico piuttosto evidente, rappresenta la classica ciliegina sulla torta, grazie anche ad un comparto tecnico ancora più avvolgente e stupefacente, dominato da effetti luce e particellari ottimamente realizzati.

Tuttavia è solo indossando il PlayStation VR che il titolo diventa davvero metareferenziale, oltre che semplicemente strabiliante. Diventati a tutti gli effetti l’hacker protagonista del gioco, guardarsi dentro questo mondo virtuale, sospesi nel nulla, regala brividi di piacere. C’è l’iniziale disorientamento, quello che veicola un’indescrivibile senso di eccitazione, non quello legato alla motion sickness che nel nostro caso non si è palesata nemmeno dopo un paio d’ore di gioco. Ci si scopre a combattere con la bocca aperta, rapiti e ipnotizzati dalle luci, dai colori, dalla musica ovviamente.

Con il visore di Sony la levetta analogica smette di adempiere al suo compito, relegando a testa e occhi il compito di mirare gli avversari. Si aggiunge un coinvolgimento fisico ancora più diretto, che non fa altro che aumentare la connessione tra immagini e musica, tra gameplay e movimenti ritmici.

Rez Infinite è il coronamento della visione di Tetsuya Mizuguchi, la versione definitiva e più fedele al concept originario. Grazie a PlayStation VR, il mondo virtuale non è solo nominale, ridotto e spalmato sulla superficie bidimensionale dello schermo. Si espande, prende vita e consistenza tutt’intorno al videogiocatore, estasiato testimone di un concerto sonoro e visivo di cui è direttore. Si “suona” lanciando a ritmo i missili, godendo più per lo spettacolo offerto, che per il blando livello di sfida proposto.

[caption id="attachment_162335" align="aligncenter" width="600"]Rez Infinite screenshot L’Area X, oltre ad essere inedita rispetto all’edizione originale del gioco, introduce anche una nuova feature al gameplay. Con i dorsali del controller, difatti, potrete blandamente controllare l’avatar. Questa meccanica ludica verrà ripresa in un eventuale seguito? Noi ce lo auguriamo.[/caption]

Rez Infinite non è Ikaruga, né R-Type. La sua immanenza consiste nell’esperienza estetica offerta, potenziata, in occasione di questo remake, sia in termini di definizione, quando si gioca utilizzando la propria TV, sia in termini di immersione e coinvolgimento, quando invece si inforca il visore di Sony.

Imperdibile per chi cerca qualcosa di diverso dal solito, dai sostenitori della realtà virtuale e anche dai nostalgici che annoverano l’originale tra i migliori titoli mai giocati. Riscoprire la perla di Tetsuya Mizuguchi in questa veste sarà un piacere e una sorpresa.

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