Revenant - Redivivo, la recensione
Girato per non assomigliare a niente ed essere qualcosa di mai visto, Revenant è un western molto classico deformato alla ricerca del realismo
Quel film ora esiste e si intitola Revenant.
Quello che Iñarritu desidera però è altro, è realizzare un’idea di cinema estremo, un naturalismo esasperato che, a partire dalla lavorazione e fino alle scelte di fotografia dalle sole luci naturali (e quasi solo al tramonto), mette in scena la violenza e la brutalità, l’uomo come animale in mezzo agli altri animali, braccato dai suoi pari, dalla fauna e dalle temperature. E forse questa è la parte più sorprendente di un film decisamente troppo lungo, la maniera in cui la morte sia una presenza fissa, una sorta di andamento da road movie malato, simile molto alla spirale infernale di Apocalypse Now!, durante il quale il protagonista, di stazione in stazione, incontra solo follia e morte, massacro e sangue, organi interni e un freddo che sembra uccidere anche la flora.
Non ci sono dubbi riguardo alla meraviglia del lavoro di Emmanuel Lubetzki, direttore della fotografia che fonde l’estetica maturata con Terrence Malick alla fluidità di una steadycam che sembra fluttuare come nel Faust di Sokurov anche nelle molte scene d’azione riprese come raramente si è visto. Di perplessità è invece forse lecito averne riguardo le esplicite aspirazioni poetiche del regista, che tempesta il viaggio del protagonista di eventi clamorosi e premonitori, meteoriti che gli passano sulla testa, valanghe dietro di lui e passaggi d’animali, una natura indifferente e più grande dell’uomo nei riguardi della quale però c’è un’esasperato piacere della contemplazione a fronte del minimo senso. Una sottolineatura estrema ed esagerata, una ricerca del bello e del leccato che stona con gli intenti e lo stile del resto del film.
Non c’è bisogno di rievocare Corvo rosso non avrai il mio scalpo e la sua effettiva dimensione di realismo poetico riguardo il rapporto che può esistere tra uomo e grandi paesaggi naturali, perché lì il percorso scelto è il minimalismo. Forse, per amare questo film che ha non pochi elementi per farsi voler bene, è più opportuno guardarlo come un film di vendetta duro e amaro, come un parente di The Grey (meno ambizioso ma decisamente più onesto e quindi più riuscito) o uno spaghetti western sobrio.