Returnal, il primo ruggito della next-gen | Recensione

Graficamente impattante, artisticamente ispiratissimo, longevo e galvanizzato da un gunplay ben calibrato, Returnal è un acquisto obbligato

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Con tutto il rispetto per il remake di Demon’s Souls e le tante, alcune pur ottime, produzioni cross-platform pubblicate in questi primi mesi di vita di una next-gen fin qui, volente o nolente, pigra e poco reattiva, Returnal è, senza alcuna ombra di dubbio, il primo vero ruggito di PlayStation 5, un titolo non solo di per sé strepitoso, sontuoso a tratti incredibile, ma che sfodera feature possibili solo su un hardware potente ed efficiente come quello della nuova ammiraglia di Sony.

Sulla carta, la nuova creatura della talentuosa Housemarque, Dead Nation e Resogun portano entrambi la sua firma, è un roguelike tridimensionale, ambientato in un pianeta alieno ostile. Chi ha giocato, e amato, Rogue Legacy o il più recente Hades, a grandi linee saprà già bene a cosa andrà incontro.

I cardini del genere, difatti, determinano giochi generalmente difficili, in cui ad ogni game over si ricomincia da capo, in ambientazioni che hanno il vizio di essere continuamente ricreati totalmente proceduralmente. La progressione, oltre che dall’esperienza personale ed individuale del videogiocatore, è scandita da alcune tappe fisse che, una volta superate, rendono la successiva run lievemente più semplice o rapida.

Returnal si ispira a questi fondamenti, ma li declina in modo estremamente personale, componendo un’avventura in cui la narrazione ha un peso tutt’altro che secondario, elemento già di per sé inusuale per un roguelike.

[caption id="attachment_225286" align="aligncenter" width="1280"]Returnal screenshot Tra pistole, fucili a pompa e lanciarazzi, le bocche di fuoco sono piuttosto varie tra loro. Decidete voi se specializzarvi con una, cercandola costantemente ad ogni run, o se imparare a cavarvela con ognuna[/caption]

Selene si è schiantata con la sua astronave in un pianeta extrasolare, a caccia di una fantomatica ombra pallida, di cui, almeno all’inizio, non si sa nulla. Anch’essa confusa ed in evidente stato confusionale, inizierà a muovere i primi passi in ambientazioni ricche di pericoli, trappole, bestie feroci e droni armati di tutto punto, solo per imbattersi, puntualmente, nei suoi stessi cadaveri elemento (meta)narrativo che racchiude, sviluppa ed insieme innesca la trama.

Fornire qualsiasi altra anticipazione sulla storia di Returnal costituirebbe di per sé uno spoiler, tanto più considerando che avrete a che fare con un intreccio narrativo per nulla lineare, la cui evoluzione dipenderà dal numero di run che effettuerete e dall’immancabile fattore fortuna, come pretende ogni roguelike che si rispetti.

I collezionabili, così come i potenziamenti e gli stessi nemici che dovrete affrontare, sono infatti determinati dalla casualità con cui il software deciderà di piazzarli in giro per le ambientazioni, rendendo ogni partita, ogni run, ogni avventura del giocatore, qualcosa di unico ed irripetibile.

Atropo, questo il nome del pianeta, funziona come un mosaico, con scenari, arene e corridoi che di volta in volta si compongono in maniera differente, rendendo l’esplorazione incerta e, al tempo stesso, via, via più familiare. Sebbene non si sappia mai cosa si celi dietro l’ennesima porta, game over dopo game over inizierete a riconoscere le conformazioni delle singole ambientazioni, rendendovi in molti casi più semplice districarvi tra nemici e power-up che, lo ricordiamo, saranno comunque generati casualmente.

"Ogni tentativo, per quanto fallimentare, porta con sé i suoi benefici"Ogni tentativo, per quanto fallimentare, porta con sé i suoi benefici, qualità che rende Returnal estremamente più trasversale di tanti congeneri, appetibile ad un pubblico ben più ampio della nicchia che adora riprovare indefinitamente sempre lo stesso livello.

I boss abbattuti, tanto per cominciare, diventano opzionali nelle successive run. Le armi si potenziano. L’etere raccolto, valuta utile per sbloccare bonus o raggiungere determinate location, non svanisce nel nulla. Alcuni item, come il rampino o la spada laser, resteranno in vostro possesso rendendo accessibili alcune sezioni della mappa che spesso nascondo preziose scorciatoie.

Come già accennato, difatti, sebbene Returnal sia volutamente impegnativo, non è scorretto, né scoraggia sadicamente il neofita, mortificando ogni suo tentativo. L’esplorazione totale di ogni anfratto, possibile solo completando l’avventura e completando innumerevoli cicli, è un’opzione che ammalierà gli amanti dei Trofei. Chi, al contrario, vuole solo fare luce sul mistero che aleggia sulla superficie di Atropo, pur faticando, dopo decine di tentativi e almeno una ventina di ore di morti ripetute, giungerà trionfante ai titoli di cosa, fiero di essere sopravvissuto a sei diversi biomi, tra piovose foreste, aridi deserti, antiche città in rovina e quant’altro.

[caption id="attachment_225288" align="aligncenter" width="1280"]Returnal screenshot Dal computer di bordo della navicella di Selene si possono avviare delle sfide giornaliere che impongono determinate condizioni, in cui l’unico obiettivo è accumulare punti per piazzarsi al meglio nelle classifiche online[/caption]

Che il gameplay sia sufficientemente profondo da intrattenere a lungo, del resto, lo si intuisce sin dai primi approcci. La varietà di nemici e mini-boss è sufficiente. Le bocche di fuoco disponibili sono più di quante si possa inizialmente immaginare, ognuna dotata di caratteristiche peculiari e di un fuoco secondario attivabile, tra l’altro, sfruttando una delle peculiarità del Dualsense, ovvero dosando la pressione sul trigger in base alla resistenza percepita dal grilletto, feature che sulle prime crea qualche difficoltà, ma che una volta padroneggiata regala soddisfazioni.

Al tempo stesso, tra bonus e malus elargiti con spietata puntualità, Returnal vi metterà spesso di fronte a scelte da compiere tutt’altro che semplici. Vi imbatterete in casse, materie prime e parassiti che pur garantendo dei vantaggi, causeranno contemporaneamente delle avarie alla tuta di Selene. Per esempio, potreste veder dimezzata l’efficacia dei colpi, o di non poter utilizzare la schivata, tutti ostacoli che non per forza supereranno gli eventuali benefici che ne ricaverete raccogliendo i vari item.

Returnal, insomma, sfida il videogiocatore a scommettere di continuo, ad accollarsi dei rischi in base alle proprie abilità, nonché agli obiettivi che ci si pone nella singola run. Quasi tutto si farma, si potenzia, si colleziona. Come già detto, non esistono tentativi completamente fallimentari, qualità che impedisce alla creatura di Housemarque di essere frustrante o inutilmente impegnativo.

Del resto, anche il gunplay regala soddisfazioni. Da una parte, vi sfiderà a muovervi di continuo lungo gli scenari ora per evitare i proiettili nemici, ora per trovare l’angolo migliore da cui aprire il fuoco. Dall’altra tra raggi laser guidati e hitbox generose, non pretende l’estrema precisione, scelta di design che ben si sposa con un gameplay votato alla velocità e rapidità, complice la spiccata reattività di Selene, sempre pronta a saltare, schivare, correre a perdifiato in qualsiasi direzione.

"A rendere next-gen Returnal ci pensa anche un comparto grafico stupefacente"Se le peculiarità del Dualsense danno il loro meglio anche quando si tratta di simulare i passi di Selene, il rinculo delle armi o il borbottio del computer portatile dell’astronauta, che analizza ogni artefatto alieno, a rendere next-gen Returnal ci pensa anche un comparto grafico stupefacente. I 4K a 60fps stabili non sono affatto un semplice proclamo propagandistico. Inoltre, la velocità di caricamento garantita dall’SSD ha permesso a Housemarque di dare vita ad un personaggio estremamente scattante e rapido, fattore che sul fronte del gameplay si traduce in un ritmo d’azione piacevolmente indiavolato.

Tuttavia, a regalare brividi e stupore, ci penseranno soprattutto gli spettacolari effetti luce. Atropo è un pianeta che brilla di luce propria. Ogni esplosione, ogni collezionabile, ogni creatura e nemico in cui vi imbatterete creeranno una sinfonia di luci di diverso colore che si riflettono sulle superfici e sulla tuta, sempre più sporca, di Selene.

Anche al di là della pura forza bruta, Returnal offre scorci estremamente affascinanti grazie al suo ispiratissimo art design. I modelli di riferimento sono Alien, Prometheus, i quadri di Zdzisław Beksiński, ma anche Ikaruga, indimenticabile sparatutto per Dreamcast, quando lo scenario di riempie di globi d’energia che andranno ovviamente evitati a tutti i costi.

[caption id="attachment_225287" align="aligncenter" width="1280"]Returnal screenshot Il dubbio che le potenzialità del Dualsense potessero essere sfruttate solo in Astro’s Playroom è stato fugato con Returnal. Nel gioco il controller “parla”, vibra e “oppone resistenza” come ci si aspetterebbe da una periferica next-gen dotata di un pacchetto tecnologico di tutto rispetto.[/caption]

L’estrema cura riposta dagli sviluppatori in questo gioco, si palesa ovviamente anche sul fronte sonoro. Al di là della strepitosa colonna sonora, inquietante e adrenalinica quando e come serve, la qualità degli effetti si palesa soprattutto quando sono emessi dal piccolo altoparlante del Dualsense, feature di per sé superficiale, ma che concorre a rendere dannatamente immersiva l’avventura, quasi si trattasse effettivamente di uno strumento in parte biologico, in parte meccanico, pronto a saldarsi sulle dita del videogiocatore.

Returnal è il primo vero ruggito di una next-gen che finora sta ancora sonnecchiando. Essendo un roguelike è possibile che non tutti lo troveranno commestibile, ma di sicuro è il titolo più trasversale mai concepito in questo specifico genere. Tra scorciatoie e tappe che una volta sbloccate restano tali anche nelle successive run, l’avventura di Housemarque è affrontabile anche da chi è esclusivamente interessato a scoprire perché Selene, ciclo dopo ciclo, è costretta a tornare continuamente in vita.

Graficamente impattante, artisticamente ispiratissimo, longevo e galvanizzato da un gunplay frenetico e ben calibrato, siamo indiscutibilmente di fronte ad un capolavoro del genere e non solo, un titolo per cui vale la pena possedere una PlayStation 5.

Il sentiero verso l’epilogo è certamente tortuoso e vi costerà più di un rage quit, ma si tratta di un’epopea dannatamente divertente, suggestiva, quasi assuefacente. Acquisto obbligato.

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