Respect, la recensione

Respect di Liesl Tommy è un biopic che glorifica la dimensione musicale ma che lascia troppo in sospeso tutta la componente narrativa

Condividi
Respect, la recensione

Respect è un film pieno di musica. Musica sussurrata, urlata a gran voce, arrangiata, improvvisata. Ma anche musica discussa, pensata. L’approccio può sembrare banale trattandosi di un biopic musicale su una delle più grandi icone di sempre, ovvero la cantante soul Aretha Franklin. Eppure non è affatto scontato cogliere in un film musicale il gusto di mettere in scena dell’ottima musica, di emozionare attraverso melodie, vibrati e virtuosismi. Respect invece non solo rispetta ma venera quel gusto, quella voglia irresistibile di raccontare attraverso le note.

Il regista Liesl Tommy trova insomma una perfetta dimensione musicale. Con apparente semplicità infatti sia esaudisce la pretesa hollywoodiana di glorificare la dimensione spettacolare - dando vita a un film che se non è un musical vero e proprio ci si avvicina molto, essendo qui le canzoni dei momenti di svolta quasi sempre fondamentali a livello di storia - sia riesce a gestire, grazie all’interpretazione che gli regala Jennifer Hudson, la riproposizione iconografica e musicale di un’icona già definita.

La cantante e attrice premio Oscar (proprio per Dreamgirls, un altro biopic musicale che raccontava invece le Supremes) Jennifer Hudson si rifiuta di fare un’inutile e controproducente macchietta, rendendo invece il personaggio qualcosa di suo. Può sembrare paradossale ma è un po’ come se fosse Aretha Franklin a diventare Jennifer Hudson, non viceversa. Tra loro non c’è una relazione originale-copia ma di metamorfosi contemporanea. Non c’è nessuno sforzo per convincere lo spettatore di una sostituzione: quello che vediamo dai movimenti dell’attrice, dalle sue espressioni e soprattutto dal suo cantare - personale e non imitativo - è qualcos’altro. È il convincente frutto di un’unione.

Il film segue la vita di Aretha cronologicamente, scegliendo di concentrarsi moltissimo sulla sua dimensione privata, familiare, amorosa. Di lei vediamo l’infanzia (interpretata brillantemente da Skye Dakota Turner) e poi l’inizio dell’età adulta fino al 1972, anno in cui registra il suo album gospel best-seller Amazing Grace e si esibisce nella chiesa battista New Temple a Los Angeles. È anche presente qua e là Martin Luther King, a cui la sua famiglia era strettamente legata, ma l’aspetto politico e militante di Aretha, pur noto a tutti, rimane una mera suggestione.

La cosa davvero lodevole di Respect è con grande coraggio e dignità si sbarazza di parrucche, make-up eccessivo e di ricostruzioni esageratamente spinte per arrivare al nucleo di una rappresentazione nuova. Fin qui, insomma, tutto bene: ma, appena la musica si ferma, ecco che non solo i demoni di Aretha si fanno vivi, ma il film stesso si scopre nudo di fronte alle sue lacune narrative. Il grande problema di Respect è infatti la sua superficialità narrativa. Non che la storia non scorra linearmente, anzi, lo fa anche troppo bene. Gli eventi si susseguono uno dopo l’altro, ma il film non sembra raccontarceli. Li mostra e basta. La vita di Aretha Franklin è di per sé uno sconfinato materiale drammatico: basti pensare alla violenza sessuale, alla morte prematura della madre, agli abusi che gli uomini hanno sistematicamente compiuto su di lei, compresi il padre (qui Forest Whitaker) e il primo marito Ted White (un Marlon Wayans troppo impettito).

Tante cose in Respect vengono invece suggerite e poi lasciate indietro: come la disturbante somiglianza tra questi due uomini che vogliono controllare la voce di Aretha (il padre con una certa volontà di protezione, per quanto malsana; Ted per un narcisistico desiderio), o come il trauma infantile mai davvero elaborato, i sopracitati demoni di cui non si coglie mai il vero peso. No, non può bastare un’onirica sequenza sulla depressione e l’alcolismo per sbarazzarsi di questo fardello. Sotto la superficie c’è molto che Respect non scava. Per fortuna che a consolarci c’è tanta, tantissima musica.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Respect? Scrivetelo nei commenti!

Vi ricordiamo che BadTaste è anche su Twitch!

Continua a leggere su BadTaste