Residenti Evil: The Final Chapter, la recensione
Perfettamente in linea con tutta la serie Resident Evil: The Final Chapter, chiude il franchise con la sua solita mescolanza di alto e basso
Parliamo di quello che forse è il franchise di serie B a maggior budget mai prodotto, uno sforzo produttivo e immaginativo incredibile per una serie di film di incredibile bassezza e ammirabile concentrazione sulla sola azione. Così tanto concreti da aver creato un’estetica e un mood unici da che nascevano estremamente derivativi.
L’unico possibile referente visivo è un videogioco ma non della serie omonima, è semmai Final Fantasy, per l’accozzaglia di immaginari differenti uniti in un patchwork che non è chiaro come ma funziona.
Resident Evil: The Final Chapterm, di nuovo animato da una Milla Jovovich che non è niente meno che straordinaria, aggiunge un altro film alla massa di iniezioni: Mad Max. Torniamo a Racoon City, che è diventata un luogo da wasteland milleriana, e ci sono mostri volanti da evitare con la tranquillità tipica di Alice, ci sono automezzi abbandonati da usare, tecnologia di un passato che sembra prenucleare e desolazione, la “Ambrella” Corporation (come viene pronunciata da sempre nel doppiaggio della serie) ha attirato qui il suo nemico principale che si rivelerà stavolta alleata in un piano per ripristinare la vita come la conoscevamo (un piano semplicissimo che viene enunciato un numero di volte esorbitante per assicurarsi che tutti, anche i sordi in ultima fila abbiano capito).
C’è Red Queen, l’intelligenza artificiale dalle fattezze di bambina che fa facce truci non è ben chiaro perché (è un computer!), ci sono quei dialoghi surreali in cui sembra che nessuno ascolti cosa hanno detto o chiesto gli altri ma enunci quel che ha da dire e c’è un esercito di donne che menano come uomini. Perché in Resident Evil, sulla scia creata da Milla Jovovich, qualsiasi personaggio femminile dimostra forza e resistenza come un uomo, non in senso quantitativo ma proprio in senso qualitativo, non sono donne forti ma donne che si comportano come uomini.
Ma ancora ci sono le morti che dovrebbero creare empatia non fosse che riguardano persone che a stento conosciamo (e a stento conosce anche Alice nonostante la sua disperazione!) e ovviamente ci sono i consueti modi inutilmente elaborati di menare, punirsi, vessarsi e torturare. Perché anche in quest’ultimo film nulla avviene per logica, tutto avviene per quel gusto tra il kitsch, l’horror, il gore e il terra terra che per anni abbiamo chiamato Resident Evil. Ed è il miglior complimento gli si possa fare.