Resident Evil Village, come il prequel, meglio del prequel | Recensione

Irrinunciabile per i fan, grazie al pratico riassunto Resident Evil Village potrebbe fare al caso di chi è alla ricerca di un ottimo survival horror

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Rispetto al diretto prequel, non poteva essere altrimenti, Resident Evil Village propone un’avventura meno compressa, più dilatata, caratterizzata da una decisa e sensibile progressione. Laddove al vecchio Ethan Winters erano concessi ben pochi momenti di pausa, incastrato com’era in una fuga continua e a tratti asfissiante, il nuovo capitolo dell’apprezzatissimo brand di Capcom fa tutto con più calma, con tutte le conseguenze del caso.

Resident Evil 7 biohazard è stato un prodotto molto più semplice da comprendere, assimilare, digerire, forte di una rivoluzione ludica e stilistica netta, a suo modo divisiva, trainata, tra le altre cose, dal plus della realtà virtuale, per quanto si sia rivelata una feature ad appannaggio di una ristretta cerchia di pubblico. Non si trattò di un survival horror privo di sbavature, soprattutto sul fronte della gestione del ritmo, ma indubbiamente aveva una personalità molto forte, apprezzata da una buona fetta di fan del brand, oltre che da chi aspettava da tempo un survival horror degno di nota.

Quattro anni dopo, Capcom ha (ben) deciso di giocarsi la carta della riproposizione, operando proprio negli ambiti più criticati del prequel: respiro e longevità, due fattori, a ben vedere, intimamente connessi alla filosofia con cui Resident Evil 7 biohazard venne concepito.

Le dimensioni relativamente ridotte di villa Baker, quell’incedere a tratti incerto del protagonista, quel minimalismo in certe meccaniche di gameplay non erano solo funzionali al recupero dell’antichissimo spirito della saga, ma anche a veicolare più efficacemente la transizione alla prima persona e, ovviamente, l’esplorazione di un territorio inesplorato come lo era la VR.

[caption id="attachment_225215" align="aligncenter" width="1200"]Resident Evil Village Non ci sarà solo Lady Dimitrescu a rendervi la vita difficile. Insieme a lei, difatti, ci saranno altri personaggi determinati a togliervi di mezzo con ogni mezzo possibile[/caption]

Rinunciando all’effetto sorpresa, messi da parte visori di qualsiasi tipo, Resident Evil Village ha corso un immenso, gigantesco rischio. Non operando nessuna reale modifica alle meccaniche che gestiscono l’avventura, esattamente come uno dei principali villain del gioco, ha scommesso forte sulle sue dimensioni. Pur non proponendo chissà quante ore d’intrattenimento, siamo nell’ordine della quindicina d’ore, offre al videogiocatore un numero relativamente alto di scenari da esplorare, in un viaggio quanto mai stimolante dal punto di vista visivo e non solo.

Il villaggio a cui fa riferimento il titolo - ce ne eravamo già accorti grazie alle numerose demo rilasciate nel corso degli ultimi mesi - in realtà non è altro che il punto d’incontro tra diversi sentieri che conducono a quattro giganteschi scenari tutti da esplorare al fine, si spera, di trarre in salvo Rosemary, la figlia di Ethan rapita, nel prologo, da Madre Miranda, misteriosa figura che di fatto controlla e governa il piccolo spaccato di Romania entro il quale di consuma l’epopea del nostro.

Visuale in prima persona, enigmi da risolvere e mostruosità assortite saranno ancora lì ad attendervi, esattamente come si potrebbe immaginare chiunque abbia infine avuto la meglio sulla famiglia Baker. A cambiare, oltre le minacce da affrontare, è il già citato ritmo e la progressione con cui si consumerà quest’avventura, sicuramente più difficile da interpretare rispetto al prequel.

Tra (simil)vampire e (simil)licantropi la maggior varietà del bestiario ha sicuramente fatto bene al sequel. Pattern offensivi, l’arsenale in dotazione ad Ethan e le conformità degli scenari, permettono al gunplay e gameplay di palesare una maggior profondità, tale da rendere gli scontri più divertenti, oltre che adrenalinici. Complici le poche munizioni reperibili, o acquistabili dal nuovo negoziante generoso, tra le altre cose, di potenziamenti per le bocche di fuoco e (poche) ricette che miglioreranno le statistiche dell’avatar, come da tradizione bisogna sempre valutare se vale la pena affrontare a muso duro gli avversari o fuggire.

"Anche questa volta si paleseranno a più riprese nemici che non potranno essere abbattuti e che vi inseguiranno instancabilmente"Tra l’altro, altro tratto ormai classico di Resident Evil, anche questa volta si paleseranno a più riprese nemici che non potranno essere abbattuti e che vi inseguiranno instancabilmente. In certe situazioni si soffre la cosa, soprattutto quando si vorrebbero ammirare in santa pace gli splendidi interni (ed esterni) dipinti dagli artisti di Capcom, ma rispetto al prequel il team ha dato prova di aver imparato dagli errori, oltre che di saper gestire un’avventura dal feeling lievemente diverso.

Sì, perché libero di muoversi in scenari ben più ampi, alle prese con nemici di varia natura, sulle prime il gioco fatica ad entrare in ritmo. Soprattutto chi ha già giocato alle demo, e quindi rivivrà sezioni già note, avrà la netta sensazione di avere tra le mani una sorta di reskin di Resident Evil 7 biohazard in cui l’unica vera motivazione per andare avanti è scoprire qualcosa di più sulle sorti di Rosemary, sui misteri dell’Umbrella e sulle origini dello stesso Ethan.

Il rodaggio, che è comunque un buon rodaggio, nonostante un paio di (mini)boss fight tutt’altro che esaltanti, termina dopo un paio di ore di gioco, quando Resident Evil Village inizia a proporre qualcosa di realmente nuovo, giocando con la sua stessa formula e con la percezione del videogiocatore, costretto ad essere passivo testimone di scenari sempre più grotteschi, situazioni sempre più splatter, ad avere a che fare con nemici sempre più raccapriccianti.

[caption id="attachment_224874" align="aligncenter" width="1200"]Resident Evil Village Le bocche di fuoco reperibili non sono tantissime. Ma tutte possono essere potenziate in vari modi[/caption]

Già solo artisticamente Resident Evil Village vale il prezzo del biglietto. In termini narrativi offre risposte a domande decennali e lascia in sospeso nuove, intriganti questioni. La qualità della scrittura non è sempre elevatissima, certi scambi di battute farebbero rabbrividire anche se calate nel contesto di un horror b-movie, ma gli appassionati alla lore della saga di Capcom avranno di che gioire e godere di fronte a certe rivelazioni.

Visivamente, giocando il titolo su PlayStation 5, siamo rimasti ammaliati non solo da certi effetti luce, ma sopratutto dalla cura per i dettagli. Se le ambientazioni all’aperto palesano una minor densità di elementi a corredare ogni scenario, pareggiano i conti offrendo di tanto in tanto panorami pazzeschi, tra castelli innevati, cascate immense e ville arroccate su ripidi rilievi. Nulla da controbattere invece, quando l’azione di sposta all’interno degli edifici. Ora contraddistinti da un gusto barocco, ora evidenti testimoni di rituali blasfemi e violente torture, negli interni nulla è lasciato al caso, palesando una qualità realizzativa che, forte dei 60fps fissi e del 4K garantito sull’ammiraglia Sony (ma anche su quella Microsoft), rappresenta, al pari di Returnal, il massimo risultato raggiunto dall’attuale generazione di console.

Brillanti anche gli enigmi, per quanto nessuno di essi rappresenti davvero un ostacolo insormontabile. Soprattutto se si vuole scoprire ogni segreto del gioco, dovrete tornare più volte sui vostri passi, aguzzando la vista ed esaminando gli oggetti raccolti, pratica fondamentale per scovarne dettagli con cui risolvere il puzzle di turno.

Ne viene fuori un survival horror artisticamente ispiratissimo, dal gameplay che dopo una fase inziale non particolarmente esaltante, perché ancorata a meccaniche ereditate dal predecessore che mal si adattano al nuovo contesto, esplode in tutta la sua magnificenza, proponendo qualcosa di nuovo in termini ludici e gestendo con più equilibrio l’alternarsi tra momenti di calma, dove dedicarsi all’esplorazione, ed altri in cui bisogna darsela a gambe o riempire i nemici di piombo.

[caption id="attachment_224034" align="aligncenter" width="1200"]Resident Evil Village Non manca un momento dell’avventura in cui Resident Evil Village si avvicina maledettamente a PT, indimenticata demo di quel Silent Hills che non esisterà mai[/caption]

Grazie ai numerosi livelli di difficoltà proposti dal software, chiunque potrà modellare l’esperienza in base alle proprie esigenze. Chi vuole un’esperienza meno impegnativa troverà nemici più facili da abbattere e munizioni in ogni dove. Al contrario, chi ama le sfide, affronterà un vero incubo ad occhi aperti.

Resident Evil Village ha seriamente rischiato di mandare tutto all’aria, limitandosi alla pedissequa riproposizione in un contesto ben più ampio. È questa la sensazione che caratterizza le prime ore d’avventura, dove il villaggio del titolo sembra inizialmente unicamente un pretesto per collegare alcune ambientazioni tra loro. Solo superato il rodaggio si scopre un level design intricato, situazioni di gioco inedite, una trama ricca di rivelazioni e sorprese.

Resident Evil Village è tutto ciò che volevamo che fosse questo nuovo capitolo della saga di Capcom. Solo un paio di boss fight inspiegabilmente insipide e una parte inziale vagamente sottotono separano il gioco da un’eccellenza ancor più marcata.

Irrinunciabile per qualsiasi fan del brand, grazie al pratico riassunto all’inizio del gioco potrebbe fare anche al caso di chi è semplicemente alla ricerca di un ottimo survival horror perfettamente in grado di terrorizzare chiunque.

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