Resident Evil 3, se la longevità è più mortale di Nemesis | Recensione
Resident Evil 3 è tutt’altro che un brutto gioco, ma perde il confronto con il remake del precedente capitolo
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Quella in cui si è ritrovato, suo malgrado, questo remake di Resident Evil 3, è un’impasse che, senza troppi giri di parole, è riuscito a valicare solo parzialmente. Strattonato tra due ambizioni equivalenti e opposte, schiacciate dal peso di aspettative altissime, ostacolato da fondamenta già di per sé traballanti, sarà ricordato negli anni a venire come la grande occasione sprecata da Capcom.
Come anticipato, era tutt’altro che semplice ripetere, in termini prettamente qualitativi ma anche contenutistici, l’ottimo lavoro di riadattamento compiuto con il remake del diretto prequel. Resident Evil 3, sulla primissima PlayStation, non era solo un survival horror dal respiro più corto, ma tentava una piccola rivoluzione riuscita solo in parte, consistente in una tenue ma sensibile apertura all’action, impossibile e sostanzialmente impensabile per l’epoca.
[caption id="attachment_209820" align="aligncenter" width="1000"] Come da tradizione, oltre che contro gli zombie e Nemesis, dovrete combattere con un inventario che tenderà a riempirsi con estrema facilità, costringendovi a scegliere quali oggetti portarvi dietro e quali abbandonare sul campo[/caption]
Resident Evil 3 si sforza in ogni modo di essere marcatamente action, ma allo stesso tempo non vuole tradire l’anima fortemente survival della trilogia classica di cui è parte integrante, finendo nello stesso limbo che condannò il progenitore.
L’incipit è quanto di più promettente ci si possa aspettare. Lo strepitoso RE Engine dà nuovamente prova di tutte le sue potenzialità, dipingendo una Raccoon City dettagliatissima, ornata da splendidi effetti luce, abitata da claudicanti cadaveri le cui membra si squartano e si disgregano con terrificante realismo all’impatto con i proiettili. Jill, Carlos e gli altri personaggi che si alternano sullo schermo, oltre a essere caratterizzati da un buon doppiaggio nella nostra lingua, ostentano espressioni facciali non ai livelli di Uncharted 4: Fine di un Ladro, ma tuttavia di ottima fattura.
La cut-scene introduttiva, inoltre, snoda le premesse narrative con estrema chiarezza, risolvendo così uno dei più grandi problemi dell’originale. La regia virtuale, perfetta dall’inizio alla fine, infonde il giusto pathos e adrenalina a quella che, in fin dei conti, è una corsa contro il tempo, la disperata fuga di Jill e del poco che resta della squadra Umbrella Countermeasure Service dalla città ormai devastata dall’infondersi dell’epidemia del Virtus T.
Laddove i ritmi quasi da detective story di Resident Evil 2, confermati dal cambio di prospettiva tra Leon e Claire per accumulare ulteriori testimonianze su quanto ordito dall’Umbrella, consentirono e giustificarono uno sviluppo più disteso, anche in termini di pura longevità, questo remake rinuncia quasi totalmente al backtracking, semplifica al massimo la risoluzione degli enigmi, si macchia del peccato imperdonabile di aver completamente eliminato intere sezioni che pur avevano la loro legittimità nell’originale.
L’impressione è quella di una torre a cui sono state eliminate tutte le sezioni non direttamente funzionali all’idea di urgenza che l’avventura vuole trasmettere, con il risultato che la struttura si regge in piedi solo a fatica.
Il level design è tremendamente lineare, la relativa facilità con cui si entra in possesso di nuove armi e munizioni in gran quantità mortificano l’anima survival della saga, sei ore al massimo sono più che sufficienti per giungere ai titoli di coda.
Un vero peccato, considerando che le qualità non mancano di certo. Oltre al già lodato comparto tecnico, che su Xbox One X si traduce anche in una definizione e in una pulizia d’immagine strabiliante, le novità introdotte dal remake funzionano.
Tanto per cominciare la schivata ha il grande pregio di rendere più dinamico l’approccio alle molte mostruosità che dovrete affrontare. Nel pieno rispetto della regola non scritta che raggirare i nemici sia sempre meglio che sprecare preziose cartucce, sia Jill che Carlos possono eludere le offensive con una mossa che, se eseguita con tempismo perfetto, concede persino la possibilità di contrattaccare, un colpo diretto sul punto debole del nemico per la ragazza, un poderoso cazzottone per il giovane ruspante.
Anche il “nuovo” Nemesis si distingue per le novità che apporta al gameplay, nonostante anche in questo caso non manchi qualche rimpianto. Incredibilmente dettagliato, il gigantesco modello poligonale del villain che vi braccherà fino ai titoli di coda è agile come mai prima d’ora, capace di sbarrarvi la strada grazie a balzi sovrumani. Imbattibile, potrete al massimo atterrarlo per pochi secondi al caro prezzo di molti colpi esplosi, dotato di una forza mostruosa e di tentacoli con cui vi attirerà a sé è un nemico tremendamente temibile. Le sue apparizioni combaciano con i momenti più emozionanti del gioco, furiose sezioni in cui cercare un riparo, stando ben attenti, al contempo, a dribblare gli zombie che incontrerete per strada.
[caption id="attachment_209821" align="aligncenter" width="1000"] Combinando tra loro erbe e polvere da sparo, otterrete oggetti curativi e nuove munizioni[/caption]
Purtroppo, altra scelta di design incomprensibile, si è preferito limitare le apparizioni di Nemesis in punti specifici dell’avventura. Pur casuali nel corso della partita, le comparsate sono possibili solo in determinati scenari, rendendo altalenante il coinvolgimento emotivo dell’epopea.
A ovviare alla contenutissima longevità del gioco, Capcom ha ben pensato di inserire nell’offerta anche Resident Evil Resistence, multiplayer asimmetrico in cui quattro giocatori dovranno guadagnarsi la salvezza, combattendo contro mostri e gli ostacoli architettati dall’utente che vestirà i panni del Mastermind. Offerta intrigante e di per sé stuzzicante, alla modalità dedicheremo un articolo dedicato nei prossimi giorni, in cui sviscereremo ogni dettaglio del gameplay.
Resident Evil 3 è tutt’altro che un brutto gioco. Delude certamente le aspettative viste le premesse sancite dall’ottimo remake di Resident Evil 2. Manca l’occasione di chiarire e centrare l’essenza ontologica di uno dei capitoli più deboli del brand strutturalmente e narrativamente. Rinuncia ad arricchire l’offerta con location inedite e sfide mai viste.
Ciononostante tutto ciò che offre diverte e appassiona. Il rischio che si corre è quello di penalizzare Resident Evil 3 per ciò avrebbe dovuto avere, piuttosto che di giudicarlo per gli indiscutibili pregi. Il comparto grafico è di prim’ordine, la schivata aggiunge un pizzico di adrenalina in più, Nemesis è spaventoso come sempre, gli scontri con i boss sono da cardiopalma.
La fuga da Raccoon City di Jill e Carlos, in estrema sintesi, è un’avventura che vale la pena vivere. Non ci troviamo di fronte a un capolavoro consigliato senza alcuna reticenza, né possiamo parlare di un remake felicissimo, che apporta i giusti cambiamenti là dove servivano.
Si tratta di un capitolo controverso, tragicamente breve, comunque indicato ai fan della saga di Capcom che, tra innumerevoli ricordi e qualche immancabile sorpresa, saranno comunque lieti di rimettere piede nella sfortunata metropoli statunitense.