Reptile, la recensione
Un'indagine lurida e un uomo ordinario con una vita ordinaria che deve farsi strada. Reptile richiama più la serialità che il cinema
La recensione di Reptile, il film con Benicio Del Toro e Justin Timberlake disponibile su Netflix dal 29 settembre
Tecnicamente è un thriller poliziesco in cui un poliziotto indaga una storia tra corruzione della polizia, la morte di una donna, della droga e poi un traffico di case. Ma è il bilanciamento dei pesi tra testo e contesto, cioè tra l’intreccio propriamente detto (quello che anima l’azione) e la quantità di volte che il film indugia su qualcosa di contestuale, a farlo assomigliare alla serialità. La cosa in sé non è un difetto, ovviamente.
A benedire il film, oltre alle atmosfere, sono gli attori (di nuovo, come accade nelle serie televisive, in cui la recitazione ha un peso specifico anche maggiore di quanto non lo abbia nei film). In particolare Alicia Silverstone e Benicio Del Toro lavorano di grandissima economia e parsimonia per animare questa coppia con gesti minimi e piccoli tratti che dicono moltissimo di loro. Invece Justin Timberlake (che sta nel gruppo dei sospettati), in un ruolo che dovrebbe essere almeno a tratti inquietante, è molto fuori dalla sua comfort zone e si vede, non si trova a proprio agio e fatica a raggiungere l’obiettivo.
Un dettaglio da appassionati di videoclip è che in questo film diretto da un regista di video musicali ci sia forse uno dei ruoli più grandi che negli ultimi decenni il cinema ha dato ad Alicia Silverstone, attrice emersa proprio con un paio di video musicali negli anni ‘90.