Rennervations (miniserie), la recensione

Mettendo in primo piano il team che aiuta Jeremy Renner, Rennervations è animata da ottimi intenti, ma pecca di semplicismo

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La nostra recensione della docuserie Rennervations, con protagonista Jeremy Renner, dal 12 aprile su Disney+

C'è il suo nome nel titolo, il suo viso compre l'intero poster, ma Rennervations non è incentrata esclusivamente su Jeremy Renner. L'interprete di Occhio di Falco nell'Universo Cinematografo Marvel funge da "conduttore" nella docuserie in quattro puntate, lasciando il palcoscenico soprattutto al team che lo aiuta nella sua attività benefica. L'attore, e le guest star coinvolte, assumono dunque i panni di persone "normali" mentre tutti gli altri (come ci viene più volte sottolineato) sono i "supereroi" dell'edificante storia. Ci sono dunque intenti nobilissimi alla base dello show, inseriti però in una confezione troppo semplicistica.

Rennervations: la trama

Nella serie seguiamo Renner, che, da sempre appassionato di beneficienza, decide di impegnarsi per re-immaginare dei veicoli da tempo abbandonati trasformandoli in spazi utili ad associazioni di beneficenza per bambini sparse in tutto il mondo. Si parte con uno studio musicale mobile per un programma di doposcuola a Chicago, per arrivare ad sistema di purificazione dell'acqua per una comunità in India, passando per scuola di danza mobile in Messico.

Per raggiungere questo scopo in sole quattro settimane, l'attore si fa aiutare da un team di esperti nella riparazione e nella riprogettazione di veicoli, tra cui il socio in affari Rory Millikin. Nel frattempo, coinvolge anche alcuni amici celebri per dare la giusta risonanza al progetto. Troviamo ad esempio Vanessa Hudges, attrice e cantante celebre per High School Musical, per quello sulla musica, Anthony Mackie (Falcon nell'UCM) per un centro ricreativo in Nevada.

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Ottimi intenti, semplice confezione

Rennervations racconta soprattutto il processo tecnico per costruire i veicoli, dando modo a ciascuna delle persone coinvolte di presentarsi e parlare del proprio background. Tra di loro ci sono immigrati, uomini e donne dal passato difficile o da poco ristabilite da un grave incidente, che trovano così l'occasione per mettere in gioco se stesse al servizio degli altri. I benefici dell'attività riguardano loro stessi, prima ancora che i bambini a cui è destinata. La galleria di personalità mostrate è variegata e ben caratterizzata, tanto da rendere facile immedesimarsi con loro. Allo stesso tempo, le similitudini nella struttura e nei progetti presentati nelle diverse puntate rendono la storia un po' troppo ripetitiva.

Quello che perde in questa dimensione è inoltre soprattutto il contesto in cui si muovono i personaggi. Renner ci presenta le varie comunità e dà voce a chi ci appartiene, ma non ci vengono fornite molte informazioni precise o retroscena su di loro. Si resta sempre in superficie e viene a mancare un vero e proprio scavo sociale che possa dare spessore alla serie. Tutte le possibili crepe o lati negativi vengono lasciati da parte, per una celebrazione senza sfumature dell'operato del suo protagonista e del suo team, ritratto sempre come affiatato e coeso. Che è, in fondo, niente di più o niente di meno di quello che la serie prometteva. Certo però, che le continue sottolineature della voice over su quanto sia importante aiutare gli altri, o il contributo marginale delle guest star (Vanessa Hudgens che non dice nulla di più che: "La musica è importante") non sono affatto un buon biglietto da visita.

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