Renfield, la recensione

Rimanendo aderente alla mitologia di Dracula, Renfield sposta tutto nel territorio dei supereroi per potersi permettere una commedia

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Renfield, il film con Nicholas Hoult e Nicolas Cage, in uscita al cinema dal 20 aprile

Ci sono due momenti nella carriera di Nicolas Cage: prima della vittoria dell’Oscar per Via da Las Vegas e dopo. Nella seconda fase ogni volta che interpreta un personaggio esistono in quell’interpretazione due livelli di lettura diversi, due discorsi che lui porta avanti contemporaneamente: uno è quello del film, relativo alla sceneggiatura e alle ragioni del personaggio, l’altro è un discorso di rapporto con la storia della recitazione e del cinema, in cui Cage si pone come ultimo interprete di un’altra era del mestiere dell’attore, quella espressionista, e la cosa che lo rende fuori dal comune è che per riprendere quel tipo di stile sperimenta qualcosa di nuovo. Fa qualcosa che nessuno fa cercando di spingere in avanti la recitazione ma guardandosi indietro. Per questa ragione quando all’inizio di Renfield lo vediamo interpretare Dracula in una serie di immagini in bianco e nero girate esattamente come il Dracula di Tod Browning del 1931, niente stona e per qualche secondo si può rimanere ingannati e pensare sia realmente il film del ‘31 invece che il rifacimento di quelle sequenze.

Il resto del film chiaramente sarà diverso, anzi opposto. Invece che calcare sul Dracula del 1931, Renfield rilegge quella mitologia trasportandola nel presente. Oggi Renfield, il servo che Dracula plagia perché gli procacci delle vittime che lo tengano in vita, non ce la fa più. Non siamo nei primi del novecento in cui venire maltrattati dal capo è una regola, oggi anche un Renfield ha i suoi diritti e così, arrivato a New York con un Dracula ai minimi termini e affamatissimo, decide di sfruttare il momento di debolezza ed emanciparsi, rifarsi una vita e abbandonare l’uomo che lo ha plagiato. Per farlo frequenta un gruppo di auto aiuto per gente con dei capi terribili e si innamora pure di una poliziotta, scoprendo il lato luminoso della vita. Non sarà tutto rose e fiori però e Dracula tornerà, indignatissimo per il fatto che il suo servo plagiato voglia mollarlo.

Oggi un film come Renfield, cioè una commedia che prende in giro i capi terribili e parla sottilmente di molte tipologie diverse di abuso mentale, non la si può fare. O almeno non la si può fare con questo budget e queste star e mandarla nelle sale, al massimo può andare in streaming con spesa ridotta e produzione indie. Se però ci si attacca a una proprietà intellettuale o a una mitologia esistente allora cambia tutto e il film diventa fattibile. Come Thor: Ragnarok (ma in modi ancora più smaccati) questa è una commedia a cui viene appiccicato un fare da film di supereroi, in cui si segue bene la mitologia di Dracula ma poi la si amplia con tutto un fare di poteri e contagi, nella quale diventare un vampiro è come diventare supercattivi (invece che sottolineare la condanna o la relazione di dipendenza se ne sottolinea la potenza).

E Nicholas Hoult è perfetto per questo tipo di ibrido tra generi (era già stato un Romeo-zombie con un po’ di cervello e innamorato in Warm Bodies), il suo è il corpo attraente ma fragile dei nostri anni, mai distante ma sempre approcciabile, a cui si contrappone l’esagerazione di Nicolas Cage, libero di andare sopra ogni riga (proprio questo suo essere su un altro piano recitativo è utile a separarlo dagli altri personaggi che non sono vampiri). Il film non trova chissà quale pregnanza né è particolarmente originale nel suo tentativo di essere originale (fa anche un pessimo uso di Awkwafina, sprecatissima in una parte in cui non dà il meglio di sé), ma non si può negare che abbia una certa maestria nel portare avanti la sua modernizzazione di quella mitologia e nel godersi le diverse ironie scatenate dalla trama.

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