Rememory, la recensione
La nostra recensione di Rememory, film diretto da Mark Palansky presentato al Trieste + Science Fiction Festival
Peter Dinklage, la star di Game of Thrones – Il Trono di Spade, è il protagonista di Rememory, il secondo film diretto dal regista Mark Palansky, dedicato ai misteri della mente e all'importanza dei ricordi.
Sam Bloom (Dinklage), segnato dalla morte del fratello, si avvicina al lavoro compiuto da Gordon Dunn (Martin Donovan), trovato morto poco dopo aver presentato la sua ultima scoperta tecnologica: un apparecchio in grado di registrare e riprodurre i ricordi delle persone che si sottopongono alla procedura. Carolyn (Julia Ormond), la moglie dello scienziato, si isola dal resto del mondo, mentre le indagini sembrano non avvicinarsi alla verità. Sarà Bloom a cercare di fare chiarezza, immergendosi nei ricordi delle persone che hanno incontrato Dunn nelle sue ultime ore di vita.
Il lungometraggio può contare su un cast di alto livello che non viene però sfruttato a dovere, in particolare nei casi del compianto Anton Yelchin, Henry Ian Cusick ed Evelyne Brochu a cui sono stati affidati dei ruoli secondari che restano solo abbozzati a causa della scelta di intrecciare la storia di numerosi personaggi utilizzati come tasselli per ottenere gli indizi necessari a risolvere il mistero, ma di cui non si analizzano mai realmente le motivazioni o le conseguenze della tecnica utilizzata da Dunn. Dinklage, in questo modo, si ritrova l'intero peso della trama sulle spalle, riuscendo a tenere alta l'attenzione ma faticando a rendere credibile l'intricato intreccio. L'importanza della memoria e dei ricordi come strumento da utilizzare a proprio piacimento viene approfondita mostrando quello che potrebbe accadere se si cercasse di superare il passato rivivendolo, modificandolo o facendo riemergere tutti i dettagli dei momenti più tristi o, al contrario, felici della nostra esistenza. Rememory riesce, in parte, a raccontare quello che ci definisce come esseri umani seguendo le indagini di Bloom e le parentesi in cui lui stesso decide di ritornare con la mente alla serata che gli ha cambiato la vita, tuttavia la struttura narrativa appare un po' confusa, facendo sovrapporre vite e situazioni che allontanano l'attenzione dalla tematica alla base del progetto. La colonna sonora firmata da Gregory Tripi, inoltre, in più scene risulta invadente, cercando di suggerire con la musica le emozioni che dovrebbe provare lo spettatore, ottenendo invece il risultato opposto e apparendo troppo enfatica.
Rememory appare come un'opera riuscita solo in parte: i passaggi emotivi, seppur all'interno di un contesto frammentato, sono confezionati con cura, mentre le indagini sono approssimative e poco rilevanti, regalando degli attimi coinvolgenti come l'incontro tra Bloom e l'anziano membro del gruppo che ha contribuito alla sperimentazione del macchinario. Pur non essendo “memorabile”, il film rappresenta una visione piacevole e soddisfacente, soprattutto se si è fan di Dinklage.