Le relazioni pericolose (2022), la recensione

Adattando le fonti di partenza in versione moderna e teen, questo Le relazioni pericolose è gradevole, fino a quando non devia dai modelli

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La nostra recensione de Le relazioni pericolose, disponibile su Netflix dall'8 luglio

Non guarda solo all’omonimo film di Stephen Frears del 1988 (o al romanzo del ‘700 di Choderlos de Laclos, fonte di partenza) questo Le relazioni pericolose, produzione francese disponibile su Netflix. C’è anche qualcosa che richiama La schivata di Abdellatif Kechiche nel modo in cui un classico della letteratura francese che i ragazzi portano in scena a teatro, e i suoi personaggi (in questo caso La princesse de Montpensier), diventa specchio delle vite e delle maschere di coloro che li interpretano. Riferimenti alti che questo film volutamente abbassa, in una versione teen e aggiornata ai giorni nostri.

Nella balneare e sempre soleggiata Biarritz arriva la giovane Célène, amante della letteratura classica, avversa all’uso dei social, e convinta della fedeltà nella relazione: intende sposare entro l’anno successivo il suo primo e unico fidanzato, Pierre, rimasto a Parigi. A Biarritz incontra il belloccio Tristan, re del surf legato da un contratto alla vanesia Vanessa, stella del cinema da piccola e ora reginetta dei social. Quest’ultima si vuole vendicare del preside della scuola, e così chiede a Tristan di sedurre la figlia, Charlotte, cugina della nuova arrivata. Lui accetta, ma allo stesso tempo punta a quest’ultima, deciso a farla ricredere sui suoi saldi principi. Tra i banchi, la spiaggia e le feste si consumano macchinazioni ed equivoci che riguarderanno tutti i personaggi, dove non conta tanto quello che accade ma cosa finisce online.

Il film di Rachel Suissa mette dunque in primo piano la dimensione mediatica e la patina ipercool del mondo dei giovani, facendo collidere la collocazione nella più stretta contemporaneità con i richiami al passato. Scrivere citazioni di autori famosi nei reel di Instagram, l’amore per la grande letteratura di Célène, i metodi "tradizionali" a cui Tristan deve ricorre per cercare di farla cadere nella propria rete. E anche l’opera che devono mettere in scena con i compagni di scuola, modernizzata tramite l’utilizzo di musica rap, in cui sotto le parrucche e i costumi d’epoca emergono sentimenti e attitudini immutati nel tempo. Il mondo fatiscente e giocato sull’apparenza, l’illusorietà e l’aria di decadenza sotto i lustrini sono dunque i trait d’union dell’aristocrazia del ‘700 e dei giovani benestanti nel 2022. Ci poteva dunque essere spazio per una (più o meno) velata critica alle tendenze contemporanee, alle mode che imperversano, ma il film (almeno nella prima parte) si limita a raccontarle senza giudizio morale, facendo ironia un po’ su tutti i personaggi, ciascuno (a parte Célène) succube di questo universo . Così, riportare oggi sullo schermo Le relazioni pericolose vuol dire farne giocoforza una versione kitsch, e il film funziona col suo intreccio leggero, fino a quando non emergono sostanziali deviazioni rispetto al materiale di partenza, che lo riducono alla più scontata commedia romantica.

Del film di Frears infatti rimane soprattutto la matrice dell’intrigo della seduzione, ma questo nuovo Le relazioni pericolose mette al centro le vittime della vicenda, in particolare Célène, che si fa sempre contraltare dello spietato mondo in cui si muove. Così, nei confronti della mente che architetta tutto (il personaggio prima interpretato da Glenn Close) è assente quello sguardo capace di renderla figura crudele ma allo stesso tempo estremamente seducente. Qui Vanessa viene ritratta semplicemente come figura odiosa e riprovevole, rappresentazione delle tendenze più estreme della nostra società, e anche il suo burattino, Tristan, manca di qualunque fascino, ma diventa figura da commiserare che poi andrà in contro alla redenzione. E tutto si riduce a un finale in cui non si fa mancare un’indigesta lezioncina su un sano utilizzo dei social e su cosa sia il vero amore. Qualsiasi ambiguità e sottigliezza viene meno e, di conseguenza, i punti di forza dell’intera operazione.

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