Le Regole del Delitto Perfetto 3x14 e 3x15 [finale di stagione]: la recensione

Le Regole del Delitto Perfetto conclude la propria terza stagione con una doppietta di episodi che ne confermano punti di forza e debolezze

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La ricerca della verità è, si sa, un cammino piuttosto insidioso, per quanto nobile. Tuttavia, è innegabile che una serie come Le Regole del Delitto Perfetto abbia, sin dall'inizio, posto la verità in secondo piano rispetto al farla franca, concetto ben esemplificato dal titolo originale della serie della ABC (How to Get Away with Murder). Nel coinvolgente, satollo e discontinuo finale di stagione, composto dai due episodi He Made a Terrible Mistake Wes, il leitmotiv della verità bruciante prima ancora che illuminante è un sottofondo costante, un basso continuo che si avverte in ogni scena, in modo più o meno palese.

Il concetto di sincerità, puntualmente tradito da Annalise Keating tanto quanto dai suoi travagliati allievi, sembra essere alla base di un paradosso che mina i rapporti tra i personaggi in modo sempre più profondo: quella che, a una prima occhiata, ha l'apparenza di un nucleo familiare, con l'esigenza di protezione reciproca - sebbene fondata su un'egoistica tutela degli interessi individuali - è divenuto, nel corso della terza stagione e, in particolare, a seguito della morte di Wes, il perfetto risultato di un percorso costellato di bugie e sotterfugi. Chi ha mentito una volta, potrà mentire ancora, e potrà mentire a te.

Ne paga le spese, in misura massima, proprio la più idealista - relativamente parlando - tra gli studenti protetti da Annalise, quella Laurel che continua, da settimane, a puntare il dito contro chiunque, alla ricerca di un colpevole da odiare per la scomparsa dell'amato Wes. Forse a causa di una costruzione sentimentale goffa e superficiale, questo dramma dell'amore perduto è forse il meno coinvolgente tra quelli portati in scena dalla serie ideata da Peter Nowalk, secondo non solo alla semplice ma pregna storia tra Connor e Oliver, ma persino allo zoppicante rapporto tra Michaela e Asher, che gode, negli ultimi minuti della stagione, di un inaspettato quanto inspiegabile momento di gloria.

Sebbene non sempre appassionante, il lutto di Laurel la spinge ad azioni inconsulte, ad accuse sgraziate contro le persone a lei più vicine, e la ricerca dell'assassino di Wes sembra aver assunto i connotati di una crociata che la bella studentessa porterà avanti, coadiuvata dai colleghi o in solitaria. L'ironia del destino si svela nella scena conclusiva dell'episodio finale, in cui scopriamo finalmente l'identità del mandante dell'omicidio di Wes. La rivelazione del coinvolgimento del padre di Laurel arriva inattesa ma, per una volta, costituisce un colpo di scena ben contestualizzato e potenzialmente foriero di svolte di una certa entità. Arriva, inoltre, a irrobustire un comparto di villain che, in questa stagione, ha toccato il fondo in termini di credibilità e pathos: dall'entourage del procuratore distrettuale ai Mahoney, nessuno tra i nemici di Annalise e compagnia ci ha fatto realmente tremare. Con questo cambio di carte in tavola, un intero scenario di nuove dinamiche si apre dinnanzi al pubblico, e la caccia al colpevole della vedova Laurel assume dei toni ancor più paradossalmente tragici.

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Prescindendo dall'intreccio vero e proprio, è però nel ritratto psicologico che Le Regole del Delitto Perfetto ha sempre dimostrato una marcia in più: non fa eccezione questo dittico di episodi in cui, a dispetto di qualche eccesso melodrammatico non sempre ben inserito nel contesto, tutto il cast dei protagonisti eccelle nella raffigurazione di una crisi ormai entrata nel vivo, un giro di boa che impone ad Annalise e ai suoi pupilli di incriminare falsamente proprio colui che ancora piangono con sincera disperazione: e se Wes aveva smesso già da tempo di costituire un valido elemento d'interesse all'interno della serie, il montaggio alternato tra l'incriminazione pronunciata da Annalise di fronte al procuratore e l'esecuzione di Wes da parte del sicario Dominic ammanta la figura del giovane scomparso di una drammaticità quasi martirologica.

Caricare il cadavere di Wes delle colpe di tutti potrà forse salvare i protagonisti dal finire in cella, ma non potrà certo aiutarli a ritrovare quella normalità ormai scomparsa da tempo alle loro spalle: una normalità che continuano, intendiamoci, a inseguire disperatamente nella vita di tutti i giorni, attraverso dichiarazioni d'amore e proposte di matrimonio in stridente contrasto con i castelli di bugie e i cambi di direzione accumulatisi nel corso di tre stagioni. Ci si può legare per sempre a qualcuno che ha costruito la propria identità sulla menzogna? L'eterno dilemma sussiste, e ne porta alto lo stendardo l'Annalise Keating di Viola Davis che, ancora una volta, offre al suo pubblico una tavolozza emozionale in grado di supplire a qualsiasi lacuna di sceneggiatura. La regina riesce nel suo intento, ma la sua è una vittoria amara, e la chiusura della stagione è affidata alle sue lacrime che, in assenza di musica, accompagnano il congedo da un altro capitolo in cui la strada per la salvezza passa per l'abisso del dolore.

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