Redout, la recensione

Un racing game futuristico veloce e frenetico made in Italy: la recensione di Redout

Condividi

La pubblicazione di Redout è qualcosa di corroborante e rinfrescante, come un getto d’acqua fredda in una afosa giornata di fine estate, e lo è per vari motivi: Perché è bello parlare di una produzione videoludica made in Italy, perché il titolo dei torinesi 34BigThings srl contribuisce a riportare sugli scudi un genere troppo bistrattato negli ultimi anni, quello dei racing game di stampo futuristico, perché dopo il più che apprezzabile Fast Racing Neo offre ai fan di F-Zero e Wipeout la possibilità di tornare a sperare in una nuova iterazione di queste leggendarie serie videoludiche, ma soprattutto perché come avremo modo di vedere, Redout è davvero un gran gioco. Il primo impatto col titolo è una fitta al cuore per i nostalgici; a livello stilistico tutto rimanda a Wipeout, dal design delle auto a quello dei loghi delle scuderie e dei menù, volutamente stilizzati e spigolosi, per arrivare alla martellante colonna sonora techno che contribuisce a rinforzare la vivida sensazione di amarcord che accompagna i primi istanti di gioco. Ci vuole però davvero poco a capire che Redout omaggia senza scimmiottare, pieno com’è di una forte identità tutta sua.

È possibile cimentarsi online in sfide fino a un massimo di 12 giocatori  o scendere senza troppi complimenti in pista in una quick race per sfidare l’IA, ma il vero cuore pulsante della produzione è la modalità Carriera; scegliamo un nickname, e siamo subito sul mercato, varie scuderie ci contattano offrendo il loro supporto e le loro auto, ed evento dopo evento siamo liberi di cambiare scuderia e auto, perché quello che conta davvero è il pilota, la cui progressione è storicizzata e costante. Ogni gara è in realtà un evento, come detto, una sfida sempre diversa. Si va dai classici tornei, con un obiettivo in punti, alla frenetica elimination race, nella quale giro dopo giro l’ultimo in classifica viene eliminato, dal time trial al meglio di tre giri alle adrenaliniche corse sconnesse da qualsivoglia campionato, nelle quali semplicemente si deve arrivare prima di tutti.

[caption id="attachment_160030" align="aligncenter" width="600"]Redout screenshot Redout - screenshot[/caption]

Ci sono circa 80 eventi di questo tipo, e per ciascuno di essi è possibile ottenere 4 diversi premi di merito (dal bronzo al platino), ed esistono anche dei contratti a mo' di istance, sfide che si presentano senza preavviso e nelle quali bisogna ottenere un dato risultato soddisfacendo al contempo alcune condizioni limitanti, ottenendo in cambio premi particolarmente significativi. Ogni corsa, a prescindere dal risultato, ci premia con soldi e punti esperienza, e mentre i primi servono per sbloccare potenziamenti e power up da equipaggiare i secondi determinano il livello giocatore, che innalzandosi consente di sbloccare vetture di livello superiore sempre più veloci e nuovi eventi. Redout non disdegna una certa filosofia improntata al backtracking, se cosi si può dire; spesso si incappa in eventi che paiono troppo difficili, ma in ogni momento li si può riaffrontare forti non solo di una maggiore maestria, ma anche del giusto potenziamento adatto a quella specifica sfida.

"A fare la vera differenza sono gli strafe ed il turbo, oltre ad un feeling di guida da cementificare corsa dopo corsa, per un titolo che trasuda personalità da tutti i pori"

Se l’architettura videoludica alla base del titolo 34BigThings srl è solida e ben sfaccettata, il gameplay non è da meno, e anzi è proprio in pista e pad alla mano che Redout dà il meglio di sé. Ci son ben venti piste con un livello decisamente alto in termini di track design, e la sensazione di velocità è resa decisamente alla grande; più di una volta ci è capitato di provare un forte senso di vertigine in seguito a un salto controllato o a una curva a gomito particolarmente riuscita. La vera forza del titolo sta però in un modello di guida unico. Il primo e più importante aspetto da padroneggiare è lo strafe laterare, effettuabile con un tocco dello stick destro; è una manovra simile all’attacco laterale di F-Zero, ma se nella storica serie Nintendo la manovra ha da sempre una valenza offensiva qui è un’arte da padroneggiare alla perfezione per pennellare a dovere le curve, disegnandole in modo aggressivo e scattoso. È un fondamentale del modello di guida in cui Redout non fa sconti, punisce ma poi premia e appaga quando finalmente lo facciamo nostro. Altrettanto impattanti, ma più semplici da padroneggiare, sono il turbo e l’energia; essi sono legati a due serbatoi distinti e separati, il primo si ricarica quando non lo utilizziamo, il secondo quando non urtiamo contro avversari o guardrail. Perché la ricarica avvenga è necessario qualche secondo, cosa non facile visto che gli urti sono una costante di ogni evento e l’utilizzo del turbo è semplicemente fondamentale per vincere. Meno incisivo è l’utilizzo delle armi; ce ne sono di due tipi, attive e passive, e possiamo equipaggiarle una per tipo. Il loro effetto è piuttosto canonico, si va dagli stabilizzatori di tenuta al potenziamento del turbo, e più che fare la differenza rappresentano una conditio sine qua non per competere ai livelli più alti. A fare la vera differenza sono gli strafe ed il turbo, oltre ad un feeling di guida da cementificare corsa dopo corsa, per un titolo che trasuda personalità da tutti i pori.

[caption id="attachment_160031" align="aligncenter" width="600"]Redout screenshot Redout - screenshot[/caption]

Il comparto audiovisivo non è da meno, come già detto la sensazione di trovarsi di fronte a un sequel non ufficiale di Wipeout è davvero molto forte, ma la cosa non è un problema visto che i ragazzi di 34BigThings srl ci hanno messo comunque molto del loro per conferire ai tracciati e alle vetture una certa caratterizzazione, che fa il paio con una solidità semplicemente ottima per quanto riguarda il frame rate e una grafica in generale assolutamente di livello. Dovendo trovare dei difetti, è impossibile non notare come i 20 tracciati siano distribuiti su solo 4 ambientazioni, peraltro tutte piuttosto canoniche e ispirate ai classici stilemi del genere. Oltre a un bel po di varietà, manca sicuramente anche il guizzo, quel setting unico e identificativo che avrebbe dato decisamente altro spessore a questa componente del gioco. Anche sulla successione degli eventi ci sarebbe poi qualcosa da ridire; la modalità boss, una delle sette tipologie di eventi disponibili, è nel complesso non del tutto riuscita visto che l’intento di collegare tutti i tracciati delle 4 ambientazioni in un’unica gara simile a una maratona è accattivante su carta, ma nella pratica sconta una imperfetta maniera di legarli tra loro, e finisce più che altro per annoiare e frustrare. A nostro avviso, sarebbe stato meglio non inserirla dando molto più spazio ai tornei su più circuiti, tipologia di evento poco presente e che forse avrebbe meritato maggiore valorizzazione.

Lungi da noi voler minimizzare, si tratta di limiti decisamente di un certo peso che però non devono distogliere l’attenzione da quanto scritto in precedenza e prima ancora in apertura di recensione. Redout è davvero un grande gioco, un racing game con tutti i crismi che poco ha da invidiare a produzioni più blasonate, con un modello di guida vincente, un feeling su pista unico e tanti contenuti di qualità. Se, come noi ripensate con nostalgia a Mute City, non potete lasciarvelo scappare.

Continua a leggere su BadTaste