Red Sparrow, la recensione
Film corretto e per questo un po' distante, Red Sparrow ha dentro di sè un cuore militante a cui tiene più che alla spy story
La guerra di spie tra americani e russi non è mai finita e questo Red Sparrow lo prende come un dato di fatto, non è nemmeno una sorpresa, ma tutta la trama fatta di scatole cinesi, continui inganni e il sospetto costante che il doppio, triplo e quadruplo gioco dei protagonisti non sia tale è in realtà un pretesto. Si tratta di un meccanismo thriller molto usuale che qui non ha niente di nuovo né di particolarmente brillante ma è solo eseguito correttamente: la vita della spia è fatta di inganni e la suspense sta tutta nel non sapere quale sia il vero piano che ha in testa, sta ingannando i suoi superiori, oppure sta ingannando l’uomo che dice di amare e per il quale vuole tradire il paese? Quante volte ha mentito e a chi? A cosa mira davvero?
A conti fatti però quello che realmente interessa a Red Sparrow è questo modello di donna ambiziosa e intelligente, inserita in un luogo di lavoro e in un sistema che la vogliono oggetto, che le insegnano ad usare il corpo per avere informazioni. Già durante l’addestramento, quando le viene chiesto di farsi possedere sessualmente davanti a tutti e le domandano cosa voglia l’uomo che sta per possederla lei risponde: “Il potere”. In quel momento non si sta parlando più di spionaggio o di militari ma dell’umanità, la richiesta di sesso non per il piacere come mezzo per esercitare e dimostrare un potere. Red Sparrow è un film che se un senso lo trova è unicamente nella messa in scena di queste dinamiche di potere: a chi non viene dato (a lei che è un donna e deve concedersi per fare il suo lavoro) e cosa bisogna fare per riconquistarlo.La parte che anima di più il film è infatti quanto la protagonista sottilmente non stia al gioco di nessuno (americani e russi) e, pur superando l’addestramento, trovi continuamente metodi per usare il proprio corpo per non concedere potere su di lei ma anzi levarlo agli altri e riprenderselo. Mi vedete solo come un corpo ma non significa che io aderirò a questo modello.
Se il film non è perfettamente godibile (troppo lungo, poco appassionante) in questa visione Jennifer Lawrence invece è semplicemente perfetta e concede il suo corpo come non aveva mai fatto prima (fino ai nudi integrali). È un’attrice che già in Hunger Games (sempre con Francis Lawrence alla regia) aveva raccontato il giro di potere che c’è intorno al corpo femminile e all’uso della sua immagine sui media, ora anche in Red Sparrow, educata ad essere spia vecchio stampo (tutta letto e inganni come Mata Hari), impone da sé l‘idea della spia moderna (pericolosa e a livello degli uomini come Nikita o Alias) e lo fa “militando”. Dominika infatti non si limita a presentarsi diversa ma mostra al pubblico (con tutte le esagerazioni di un film) le peripezie di una donna che lavora con il suo corpo in mezzo agli uomini e alle donne fa vedere come questa condizione non vada accettata per forza.