Red Rose (stagione 1), la recensione

La prima stagione di Red Rose elabora diverse ispirazioni per rinfrescare l'horror gotico con uno smalto contemporaneo

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La nostra recensione della prima stagione di Red Rose, disponibile dal 15 febbraio 2023 su Netflix

"Sembra di stare in un teen drama", dice uno dei protagonisti di Red Rose durante la prima stagione della serie horror da poco approdata su Netflix. Una frase che, nella sua semplicità meta, incarna un sentimento che sembra animare tutti gli adolescenti protagonisti della stagione. Siamo a Bolton, a nord di Manchester, tra le brughiere che la letteratura gotica popolò di spettri ed entità malevole. E proprio di spettri parla Red Rose, ectoplasmi virtuali che, retaggio di una cultura da penny dreadful, appaiono ai giovanissimi secondo la modalità più ovvia per loro: attraverso lo schermo di uno smartphone.

Neogotico

Coinvolta in un gioco che da subito intuiamo essere foriero di sventura, Rochelle fa un patto faustiano con l'app per ottenere potere, ricchezza e rispetto. Ancora una volta, Red Rose si sofferma sulle conseguenze nefaste della società dell'apparenza; Rochelle non diviene stabilmente ricca, ma nel cortile della sua stamberga appaiono un abito griffato e un paio di scarpe firmate Jimmy Choo. La sostanza non cambia, la povertà permane; inizia così la mistificazione guidata dall'app, che pubblica post al vetriolo sugli account di Rochelle senza che la giovane possa far nulla.

Al di là del mistero (piuttosto derivativo) svelato nel corso degli episodi, l'originalità di Red Rose consiste nella commistione tra teen drama e orrore gotico. Non è più l'ululato del vento a stressare i nervi dei protagonisti, ma uno schermo luminoso divenuto pilota delle loro vite. Red Rose reinventa così il gotico britannico, modellandolo - oggi come allora - sui timori del grande pubblico: lo stalking, il furto d'identità, lo sputtanamento sui social.

Scontro di linguaggi

Perfettamente conscia della semplicità della propria superficie, Red Rose elabora in modo intelligente e godibile spunti provenienti da ben note fonti d'ispirazione; da Black Mirror a Riverdale, passando per This is England e Skins, il cuore della serie dei fratelli Clarkson pulsa di contemporaneità in modo più genuino di analoghi prodotti come il provocatorio Euphoria o lo stucchevole Heartstopper. La verosimiglianza delle dinamiche interpersonali non insegue alcun effetto shock, accontentandosi di restituire un ritratto vivido, affascinante e contraddittorio di una gioventù disorientata.

Non mancano, ovviamente, gli schematismi propri del dramma adolescenziale; tuttavia, i Dickheads riescono a sfuggire dalla trappola del macchiettismo, e la loro matrice archetipale si arricchisce di sfumature che convincono e, talvolta, conquistano. Contribuisce a ciò un'ottima prova del cast, irradiato dalla freschezza ruvida di un accento scarno e duro come le rocce che costellano le sue brughiere. Il consiglio è, quindi, di affrontare la visione di Red Rose in lingua originale: il suono secco e diretto del suo vernacolo è parte integrante di quel contrasto tra comunicazioni - verbale e social - alla base della vicenda.

Nostalgia canaglia

Inoltre, l'analisi giovanile condotta dai Clarkson sottintende una stretta correlazione tra passato e presente; la serie non si limita infatti a ritrarre Rochelle, Wren e i loro coetanei, ma si spinge spesso fuori dalla cerchia dei Dickheads per gettare una luce - spesso inquietante - sui genitori dei protagonisti. Si avverte, in un certo senso, un profumo alla Twin Peaks nel voler raccontare, seppur privilegiando i giovani, un'intera comunità ricca di luci e ombre.

A sottolineare i parallelismi tra padri e figli - Rochelle teme di finire come sua madre, Wren come suo padre - interviene una colonna sonora sapientemente costruita; i ragazzi danzano su remix di brani -cardine della musica dance anni '90, che - verrà esplicitato in una scena - fece da cornice alla gioventù dei loro genitori. Allo stesso modo, l'abbigliamento dei Dickheads rimanda esplicitamente a un'estetica vintage che è eco paradossale dei timori di questi adolescenti, perseguitati dall'ombra degli adulti ma involontariamente tesi alla loro imitazione.

Vite romanzate

Più volte, nel corso della stagione, ci troveremo di fronte a decisioni avventate da parte dei sodali di Roch, a partire dalla sua migliore amica Wren; il che è perfettamente coerente nell'ottica di una fuga dalla realtà a lungo inseguita da questi ragazzi, pieni di vita ma soffocati da un contesto sociale uggioso e privo di stimoli. Ecco dunque Red Rose, con le sue lusinghe e le sue insidie, divenire un campo di battaglia ben più accattivante della vita reale; sembra di stare in un teen drama, ed è forse ciò cui anelano tutti gli abitanti di Bolton.

Alla ricerca di un senso altro, di un timoniere occulto - ultraterreno o no - in grado di guidare le proprie esistenze fuori dal grigiore della quotidianità, Roch e poi Wren cadono nella trappola di Red Rose. E mentre guardiamo con biasimo alle loro scelte sconsiderate, dovremmo forse chiederci: avremmo noi, alienati succubi della comunicazione via social, scelto diversamente?

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