RED 2, la recensione

Dopo un primo film indeciso tra azione e comicità, il nuovo regista porta tutto sul filone della parodia trovando un senso e un grandissimo divertimento nella serie...

Critico e giornalista cinematografico


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Diventata serie RED prende una decisione coerente. Finalmente.

Dopo che il primo film aveva adattato la trama della mini serie a fumetti scritta da Warren Ellis, piegandola fino a farla diventare comica e orientandola molto al filone I Mercenari ma per un target più alto d'età (una sorta di "siamo ancora in forma" pieno di star, ah no ma quello è sempre I Mercenari....), ora il secondo film, passato nelle sapienti mani di Dean Parisot (ottimo regista di commedie fattosi notare con Galaxy Quest e l'esilarante remake di Dick & Jane, Operazione furto), diventa una parodia degli action movie spionistici a tutti gli effetti.

A sceneggiare ci sono sempre i fratelli Hoeber ma stavolta il loro script viene esaltato non tanto nelle parti d'azione (non girate in maniera eccezionale) quanto in quelle di commedia, con tempi calibratissimi e un'ottima distribuzione di gag, allontanandosi così dall'action geriatrico per trovare una dimensione decisamente più calzante con le premesse dell'adattamento.

A giovarne più di tutti è il personaggio di Sarah, la vera trovata della serie, una ragazza che scopre di colpo (nel film precedente) che l'uomo di cui si sta innamorando è un super agente segreto in pensione e che si immedesima con incredibile dedizione nel ruolo della damigella da salvare. In questo secondo film la relazione si è evoluta e lei è diventata la petulante fidanzatina che a tutti costi vuole entrare nelle attività del suo partner, prendere parte al giro degli intrighi internazionali senza esserne minimamente capace e condividere con lui le sue passioni.

RED 2 vira quindi verso la commedia romantica ma con un passo e una volontà di prendere in giro il mondo femminile in grado di mantenerlo con i piedi ben saldi nel punto di vista maschile.

Bruce Willis assume il ruolo della spalla, pronto a servire battute sia a John Malkovich che a Mary Louise Parker, dimostrando per l'ennesima volta che incredibile attore sia, un autentico gigante della recitazione e un profondo conoscitore di tutti i comparti del cinema.

Proprio da questo e dall'altra grande prestazione del film, quella di Anthony Hopkins, dovrebbe risultare evidente l'altro grande pregio di Dean Parisot, ovvero la capacità di trovare quell'equilibrio per il quale ogni attore introietta una maschera e un personaggio dotati di una profondità comica inusuale. Quante gag visive riesce a tirare fuori Mary-Louise Parker dall'insaziabile voglia di vivere una storia romantica con una spia della sua Sarah? Quanto riesce ad essere divertente Anthony Hopkins sfruttando sempre la medesima caratteristica del suo personaggio, cambiando solo smorfia?

Da questi dettagli si capisce chi è un regista di commedie vero e chi no.

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