Record of Ragnarok (prima stagione): la recensione

Se siete in cerca di un battle shonen particolare, allora Record of Ragnarok potrebbe essere la serie che fa per voi

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Record of Ragnarok (prima stagione): la recensione

Se siete in cerca di un battle shonen particolare, con una formula diversa dal solito, allora Record of Ragnarok potrebbe essere la serie che fa per voi. Tratto dal manga di Shinya Umemura e Takumi Fukui, questo anime distribuito da Netflix azzera la trama per concentrarsi su un singolo torneo fatto di scontri continui. La premessa è sufficientemente alta: uno scontro epocale tra divinità e esseri umani per decidere se la razza umana potrà continuare a esistere o se dovrà essere cancellata per sempre. Una volta che ci si abitua alle tantissime digressioni, l'interesse per la storia sale, e Record of Ragnarok riesce a sostenere il suo intreccio inesistente con senso di epica continua e uno stile esagerato.

La storia si apre con il consiglio degli dei, riunitosi come fa ogni mille anni per decidere se l'umanità merita di continuare a vivere. Solo che l'ultimo millennio non è andato esattamente benissimo, e stavolta gli dei sono decisi a farla finita con il progetto – chiaramente fallimentare – degli esseri umani. Tuttavia, la valchiria Brunilde solleva una particolare clausola, mai applicata, che prevede la possibilità per gli umani di sfidare gli dei per vincere la propria sopravvivenza. Si tratta del Ragnarok, appunto, cioè uno torneo a scontri singoli con 13 partecipanti per squadra. Chi arriva per primo a sette vittorie, vince.

La storia è tutta qui e non c'è nient'altro. Nessun viaggio dell'eroe, nessun allenamento per potenziarsi, nessun cattivo che emerge e che deve essere sconfitto. La particolarità della serie è che tutto è già successo e che tutti i campioni degli dei e degli uomini sono figure che hanno già vissuto e costruito la loro leggenda. Sono figure di vario genere: il pantheon, come in American Gods, prevede tutte le divinità esistenti (da Zeus a Shiva a Odino) mentre gli umani sono un insieme di figure storiche, quasi leggendarie o religiose (i guerrieri Lu Bu e Sasaki Kojiro, ma anche Adamo). Ogni scontro prevede delle digressioni che ci raccontano tramite flashback le due figure che si scontrano, o almeno il modo in cui la serie le personalizza e le racconta.

Sono digressioni un po' fastidiose all'inizio, almeno per chi vorrebbe solo godersi il combattimento, ma già dal secondo scontro assumono una loro funzione. Servono a caratterizzare meglio i due combattenti e a non renderli solo ombre di figure che conosciamo già. Particolarmente riuscita in questo senso sarà la figura dello spadaccino Sasaki Kojiro, magari da noi quasi sconosciuto, ma sul quale vi verrà voglia di informarvi. Insomma, nella sua essenzialità Record of Ragnarok riesce a colpire e a intrattenere, lasciandoci con la voglia di vedere il seguito. Ecco, questo potrebbe essere un problema, nel senso che la prima stagione dura 12 puntate e racconta tre scontri. Quattro stagioni complessive dovrebbero essere la durata ideale, ma il manga è ancora in corso e l'adattamento potrebbe tardare per non rischiare di superarlo.

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