Recensione - Wolfenstein: The Old Blood

Wolfenstein: The Old Blood racconta i fatti antecedenti a Wolfenstein: The New Order, ecco la nostra recensione

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Il mondo dei videogiochi ha poche costanti: il godimento nel picchiare i nazisti è una di queste. Dopo l’ottimo Wolfenstein: The New Order, i ragazzi di MachineGames sembrano averci preso davvero gusto e, in questi giorni, hanno lanciato un prequel/DLC dell’avventura di Blazkowicz che ci mostra le settimane immediatamente precedenti alla disastrosa spedizione alla base di Deathshead, quando gli Alleati credevano ancora di poter vincere la guerra.

Wolfenstein: The Old Blood non varia troppo la formula di gioco del titolo originale, continuando a oscillare fra l’azione più caciarona e alcune dinamiche stealth implementate in maniera gradevole ma senza troppo divertimento. La scelta di dividere questa espansione in due atti rende questo approccio ancora più manifesto. Laddove l’ampiezza narrativa di The New Order permetteva di centellinare le varie intuizioni ludiche, qui MachineGames ci va giù meno elegantemente, dedicando la prima parte del gioco allo stealth e la seconda al massacro di nazisti. Esplorando le segrete dominate dal sadico Rudi Jager, infatti, dovremo districarci fra tubature, ombre e porte chiuse mentre faremo la conoscenza della prima versione dei Super Soldati che abbiamo già visto in The New Order. Rispetto ai nazisti degli anni ‘60, però, gli inquilini del Castello Wolfenstein sono molto meno evoluti e, dunque, le coriacee creature del Dottor Deathshead hanno bisogno di rimanere costantemente connesse alla corrente per riuscire a muoversi. Passeremo dunque buona parte del tempo a cercare e disattivare i vari interruttori che danno energia alla struttura, potendo così superare le guardie corazzate e i vari accessi che, altrimenti, avrebbero sistemi d’allarme tutt’altro che compassionevoli.

[caption id="attachment_142750" align="aligncenter" width="600"]Wolfenstein: The Old Blood screenshot Wolfenstein: The Old Blood - screenshot[/caption]

Le meccaniche non sono del tutto da buttare via, peccato però che MachineGames le ricicli in maniera spropositata e senza neppure cercare di intervallarle con momenti più frenetici; l’intera prima parte del gioco è un continuo nascondersi e spegnere batterie, tutte poste peraltro in aree non troppo complesse da raggiungere. Un paio di ricognizioni ci permetteranno di memorizzare il semplicissimo pattern di movimento dei nemici per poi muoverci lesti come faine da un bottone all’altro. Da MachineGames ci saremmo aspettati qualcosa di più creativo.

"Da MachineGames ci saremmo aspettati qualcosa di più creativo"

La seconda parte del gioco vira decisamente sull’action: faremo la conoscenza del vero antagonista del DLC, ovvero la dottoressa Helga Von Schabbs. Archeologa con la passione per il paranormale, questa alta ufficiale delle SS ha dedicato la vita alla ricerca di antiche reliquie e, manco a dirlo, si è imbattuta in qualcosa di molto cattivo, molto pericoloso e molto poco controllabile. Qui ci permettiamo di aprire una parentesi: perché tutti i giochi che provano a dare un taglio originale alle vicende naziste alla fine, gratta gratta, finiscono sempre per tirare in ballo gli zombie? The New Order proponeva un’ucronia molto solida e affascinante, sarebbe bastato proseguire su quel filone. Invece no, MachineGames ha ceduto al banale e ha scelto di propinarci, ancora i non morti con al braccio la croce uncinata, come se dieci anni di Call of Duty non fossero bastati.

[caption id="attachment_142751" align="aligncenter" width="600"]Wolfenstein: The Old Blood screenshot Wolfenstein: The Old Blood - screenshot[/caption]

Rispetto all’inizio dell’avventura, qui avremo in mano armi di un certo calibro e, di conseguenza, potremo fare molto più casino. Stermineremo orde di nazi - zombie e altre amenità teutoniche con un solo scopo: arrivare alla Von Schabbs e sottrarle il dossier che contiene la posizione esatta della base segreta di Deathshead.

Nel complesso questo Wolfenstein: The Old Blood è fedele al suo titolo: si tratta di un gioco più “vecchio” rispetto al suo predecessore, con un approccio stanco e meno fuochi d’artificio, una sorta di passo indietro rispetto all’ottimo New Order. Ciononostante siamo comunque di fronte a un’esperienza più che godibile, capace di divertire e appassionare, anche se meno raffinata di come ci saremmo aspettati.

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