Recensione - Until Dawn
Un teen horror tutto da giocare: la recensione di Until Dawn
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
L’avventura grafica di Supermassive Games non millanta doti che non possiede, non illude il pubblico promettendogli qualcosa che non ha la forza di offrire, non nasconde le storture di una sceneggiatura, per scelta banale e persino prevedibile, distraendo il videogiocatore con effetti speciali tanto roboanti, quanto evanescenti. Until Dawn (con)vince perché è sincero, diretto, ostentatamente viscerale e maledettamente immediato. Fa leva su emozioni basilari, mette in scena personaggi archetipici, crea pathos e affezione verso il manipolo di protagonisti non per l’ingegnosità della trama, ma dando all’utente la sensazione, spesso fittizia e pretestuosa, di avere un peso preponderante sulla piega che prenderanno gli eventi e sulle concrete speranze di sopravvivenza del gruppetto di adolescenti.
Nell’ottica di veicolare il corretto quantitativo di ansia e tensione, gli sviluppatori si sono mossi con estrema intelligenza ed efficacia, inventandosi un buon numero di espedienti, narrativi e ludici, utili alla causa. Che troviate snervante o meno la dispotica Emily, che siate attratti o meno dal fisico perfetto della “biondissima” Jessica, che ridiate o meno alle imbarazzanti “battute” dell’impacciato Chris, presto o tardi dovrete muovervi nei panni di tutti e gli otto protagonisti di questa notte da brividi. Sarà proprio attraverso l’interazione e l’immedesimazione con ciascuno di essi che verrete irrazionalmente spinti a temerne per l’incolumità, a soffrirne l’eventuale e prematura dipartita, proprio quando ne avevate carpito e messo in mostra gli aspetti migliori (e peggiori) del loro carattere.
A conti fatti si tratta di uno stratagemma imperfetto, dal momento che la maggior parte degli eventi previsti dagli sviluppatori accadranno ugualmente, ma che infonde comunque una certa ansia nell’utente che finirà per considerare vitale e determinante ogni scelta intrapresa, ogni quick time event fallito.
[caption id="attachment_146529" align="aligncenter" width="508"] Il gioco propone numerosi finali in base a quanti ragazzi sopravvivono. L’obiettivo finale, ovviamente, è quello di farli scappare tutti e otto dalle grinfie del serial killer che gli dà la caccia.[/caption]
Come anticipato, nonostante il team di sviluppo abbia beneficiato della collaborazione di Graham Reznick e Larry Fessenden, sceneggiatori, attori e registi di diverse produzioni horror, ha volutamente dato forma a una trama banale e poco originale. Il plot vive di situazioni già viste e cliché, puntando più sull’effetto shock (apparizioni improvvise ed espedienti simili) che sull’atmosfera per spaventare il videogiocatore. Non mancano, ovviamente, momenti carichi di tensione, lunghi momenti di snervante attesa a cui seguono rocamboleschi inseguimenti, ma in questo senso, più che all’intreccio, il merito va attribuito alla sceneggiatura e alla strepitosa regia digitale. Se i dialoghi hanno il merito di tenere vivo l’interesse, a volte adottando strategie elementari come può esserlo l’abbondare di imprecazioni nei momenti di maggior apprensione, la telecamera digitale compie il suo lavoro con diligenza e precisione sia nelle scene d’intermezzo, sia quanto alterna campi lunghi e medi durante le fasi di esplorazione.
Naturalmente il comparto artistico di Until Dawn deve moltissimo al motore grafico, in grado di gestire senza difficoltà effetti luce e particellari magnifici, e al convincente, per quanto imperfetto, lavoro di motion capture svolto coinvolgendo attori professionisti. La guest star è ovviamente Peter Stormare, camaleontico attore che, tra gli altri, ha partecipato a film del calibro di Armageddon, Il Grande Lebowski e Fargo. Nel gioco ha prestato volto e voce ad uno psicologo che, di tanto in tanto, come già visto in Silent Hill: Shattered Memories, interromperà la narrazione per porvi alcuni quesiti inerenti a quanto affrontato fino a quel momento. Anche il resto del cast dà prova di grande abilità, fortunatamente replicata e mantenuta, a livello vocale, anche nel doppiaggio italiano. Ad infrangere la fugace illusione di trovarsi realmente di fronte a un film, solo alcune animazioni: legnose e irrealisticamente pesanti.
[caption id="attachment_146530" align="aligncenter" width="508"] Ogni dialogo influenzerà i rapporti tra i ragazzi: un pratico menù rende simpatie e antipatie piuttosto evidenti.[/caption]
Until Dawn è un teen horror fatto a videogioco. È un prodotto per molti versi poco ambizioso, che tuttavia riesce a intrattenere, divertire e spaventare alla grande. Le conseguenze delle proprie scelte, seppur con minor intensità di quanto preventivato, possono realmente dare vita a numerose storie, ognuna con un differente epilogo. Vista la scarsa durata dell’avventura, sette ore sono più che sufficienti per raggiungere l’agognata alba, si tratta di un fattore di non poco conto: in molti, anche solo per scovare tutti gli indizi sparsi per le ambientazioni, potrebbero concedersi una seconda partita, senza correre il rischio di annoiarsi, semplicemente imboccando bivi narrativi prima ignorati.
L’unico errore in cui si può incappare giocando ad Until Dawn, è chiedergli qualcosa che non vuole e non può offrire. Se cercate un intrattenimento spicciolo e diretto, un qualcosa che sia più film ben diretto e bello da vedere, che videogioco in senso classico, difficilmente troverete di meglio.