Recensione - Uncharted: The Nathan Drake Collection

Anche i tesori più preziosi necessitano di un restauro: la recensione di Uncharted: The Nathan Drake Collection

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Non bisogna fare l’errore di idealizzare il passato, di permettere all’effetto nostalgia di modificare la memoria e compromettere la corretta percezione delle cose. Si sa: certe canzoni legate a periodi felici della nostra vita, non sono così belle come ce le ricordavamo; i luoghi visitati da bambini ci sembravano molto più ampi e spaziosi di quanto non lo siano realmente; i videogiochi che abbiamo adorato in gioventù potrebbero non sfoggiare quella ricercatezza di gameplay e quel comparto grafico esaltante che avremmo giurato continuassero a possedere nonostante lo scorrere del tempo.

Dopo due anni di “next-gen” ci si abitua a certe finezze estetiche senza nemmeno accorgersene e capita di sottovalutare l’evidentissimo salto generazionale, in termini puramente prestazionali, che pur c’è stato. Ecco, non fate questo errore con Uncharted. Se potete, riaccendete la PlayStation 3 che avete rinchiuso in soffitta e spolverate i vecchi blu-ray per rendervene subito conto: a shoccarvi maggiormente potrebbe essere il “primitivo” modello poligonale di Nathan Drake o lo “sporco” che offusca e sfuoca l’immagine. Certo, potremmo spenderci nuovamente in invettive contro la moda delle riedizioni in alta definizione, sorte già toccata a The Last Of Us, altro campione di Naughty Dog, ma per una volta non vogliamo farlo, accontentandoci di restare abbagliati di fronte ad un lavoro di pulizia e potenziamento così evidente e svolto con estrema professionalità. I ragazzi di Bluepoint Games, del resto, vivono cavalcando questa vena nostalgica di Sony, hanno iniziato con la God of War Collection e proseguiranno prossimamente con Gravity Rush Remastered, dimostrando in ogni occasione grande abilità.

[caption id="attachment_147314" align="aligncenter" width="508"]Uncharted The Nathan Drake Collection screenshot 1 Tra le migliorie grafiche più evidenti, segnaliamo anche l’eliminazione del fastidiosissimo tearing che azzoppava Drake’s Fortune.[/caption]

Uncharted: The Nathan Drake Collection, fortunatamente ma poco a sorpresa, non rappresenta un’eccezione alla regola, quanto una conferma delle capacità del team di sviluppo. Il distacco maggiore, manco a dirlo, lo si percepisce rimettendo mano al primo episodio della saga: il più impacciato e claudicante, già ai tempi del suo esordio, sia in termini ludici che di varietà di ambientazioni esplorate dal nostro. È naturalmente una costante di tutta la raccolta, ma l’aggiornamento della risoluzione, le texture estremamente dettagliate e il frame rate ancorato ai 60 fps, hanno ridato lustro e vigore a Drake's Fortune. Gli interventi mirati sulla gestione delle fonti di luce, l’evidente perfezionamento degli effetti speciali e un lifting a volti e fattezze dei personaggi, hanno reso ancor più ammalianti gli splendidi panorami nepalesi de Il Covo dei Ladri e le infinite lande desertiche de L’Inganno di Drake.

Permane qualche sporadico episodio di pop-up, qualche animazione troppo plastica, un paio di scene d’intermezzo eccessivamente compresse a tradire le origini dei tre capitoli, ma si tratta di piccole sbavature generalmente ignorabili. Certo, dopo aver oltrepassato la sessantina di ore in compagni di The Witcher 3 e Metal Gear Solid V: The Phantom Pain ci si potrebbe lamentare per ambientazioni troppo spoglie e per una recitazione digitale ingessata e poco espressiva, ma si tratta di confronti che non hanno senso di esistere.

[caption id="attachment_147316" align="aligncenter" width="508"]Uncharted The Nathan Drake Collection screenshot 2 Sony offrirà a tutti i possessori della collection la possibilità di provare in anteprima la beta multiplayer di Uncharted 4.[/caption]

A sorpresa, si annoverano modifiche anche in termini contenutistici e ludici. Da una parte segnaliamo l’eliminazione dei comparti multiplayer del secondo e terzo capitolo, sostituiti dall’ormai irrinunciabile Photo Mode e dallo Speed Run Mode. Dall’altra, oltre a una parziale rimappatura dei control scheme volta a standardizzarli tra tutti i capitoli della collection, soprattutto per quanto riguarda Drake’s Fortune si segnala una maggior precisione e reattività nel controllo di Nathan. Va da sé che il gameplay dei tre Uncharted con il tempo abbia perso parte del suo fascino. Se il capitolo originale è quello che paga il dazio maggiore, impacciato com’è tra fasi shooter spesso mal ritmate e un’esplorazione troppo guidata, Il Covo dei Ladri e L’Inganno di Drake si difendono ancora alla grande grazie a sequenze ben più impattanti (indimenticabile l’incipit del secondo capitolo), coinvolgenti e meglio dirette.

Potremmo tranquillamente dilungarci in una severa filippica contro l’astuta strategia delle riedizioni in alta definizione. Potremmo, ma non lo facciamo perché in fin dei conti siamo i primi a gradire certi ritorni in pompa magna. Uncharted: the Nathan Drake è un prodotto ben sviluppato sia concettualmente che empiricamente. L’assenza di contenuti inediti frenerà l’entusiasmo di chi ne ha già approfittato in passato delle avventure dell’archeologo di Sony, ma è inevitabile non farsi prendere la tentazione di concedersi una seconda cavalcata. Non fosse altro perché le migliorie grafiche ravvisabili si sprecano e perché un ripassino in vista di Uncharted 4 potrebbe essere quasi d’obbligo.

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