Recensione - Towncraft
Per fare una città ci vuole ben più di un fiore: la recensione del piccolo Towncraft
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
L’ampio alone di incertezza e indeterminatezza, parte integrante quando non motore stesso dell’esperienza, fortunatamente si dirada al cospetto dell’obiettivo finale, dichiarato dal titolo stesso del gioco: costruire una città, un borgo, a dire il vero, che elevi l’avatar dal suo iniziale e mortificante status di selvaggio nomade. Si comincia come cominciarono i nostri lontani avi, qualche eone fa: raccogliendo tutto ciò che si riesce, con la sola forza e collaborazione delle proprie mani. Sassi, ramoscelli, frutti, bacche, tutto torna utile.
Bisogna essere dotati della giusta indole per entrare in sintonia con il gameplay di Towncraft. Riempito l’inventario di materie prime, si giunge al primo bivio: farsi sopraffare dallo sconforto per l’assenza di indizi su come procedere o alimentarsi del brivido per l’ignoto e iniziare a sperimentare in ogni modo possibile. Per mancanza di stimoli si può mollare subito, oppure si può scoprire che un bastone e una pietra danno vita a una primitiva ascia con cui abbattere gli alberi e ottenere legna, a sua volta utile per costruire un tavolo da lavoro, indispensabile per forgiare gli utensili più complessi. È un circolo virtuoso, fatto di piccole conquiste e lunghi preparativi per mettersi nelle condizioni di compierle. Si esplora a fondo la mappa per individuare ciò che serve e si litiga con i materiali che proprio non ne vogliono sapere di amalgamarsi tra loro.
" Riempito l’inventario di materie prime, si giunge al primo bivio: farsi sopraffare dallo sconforto per l’assenza di indizi su come procedere o alimentarsi del brivido per l’ignoto e iniziare a sperimentare in ogni modo possibile"[caption id="attachment_140959" align="aligncenter" width="580"] Towncraft - screenshot[/caption]
Tutto ciò, se da una parte circoscrive e limita ambizioni e profondità del gioco, dall’altra risponde a una precisa scelta di design: offrire un’esperienza solo vagamente impegnativa, per nulla appesantita da obiettivi da rispettare tassativamente, scadenze da osservare o complessi meccanismi di gameplay con cui scendere a compromessi. Molti PNG, non a caso, sono mercanti da cui ottenere al volo le risorse mancanti. Altri, al prezzo di qualche moneta, recupereranno al posto vostro i materiali necessari, sollevandovi dal compito di esplorare la mappa o coltivare specifiche piante. Inoltre non esistono mostri da cui difendersi, né il sopraggiungere dell’oscurità comporta l’affacciarsi di pericoli da affrontare. Nonostante ogni scenario si presenti con quest e sub-quest da soddisfare, l’esperienza di gioco è estremamente rarefatta, vivacizzata e alimentata dalla voglia di sperimentare e progredire nello stato di civilizzazione raggiunto dall’accampamento, piuttosto che dalla reale foga di completare lo sparuto gruppo di livelli proposti.
[caption id="attachment_140960" align="aligncenter" width="580"] Towncraft - screenshot[/caption]
Le suggestioni “zen”, veicolate dal gameplay, vengono ulteriormente amplificate dall’art design, coloratissimo e dai tratti semplici, che disegna personaggi e scenari in stile cartoon. Anche in questo caso l’intento dichiarato è quello di non affaticare il videogiocatore in nessun modo, tant’è che i menù evitano il più possibile le scritte, puntando su icone esplicative e dalle ragguardevoli dimensioni che tradiscono le origini mobile del prodotto. Anche per questo motivo non aspettatevi un comparto grafico sontuoso, né performante: qualche bug, qualche inatteso (e inspiegabile) calo di frame-rate dovrete aspettarvelo, così come un sistema di controllo non perfetto che spesso vi costringerà a continui click per correggere un comando mal interpretato dal software.
Towncraft sceglie consapevolmente di vendersi come una versione semplificata di titoli simili. Questo è certamente il suo punto di forza, perché si pone presenta come una reale alternativa per tutti coloro scoraggiati dall’eccessiva complessità della concorrenza, ma anche la sua principale debolezza: non ci vogliono troppe ore per scoprire tutto ciò che il gioco ha da offrire in termini di crafting. L’acquisto va insomma attentamente valutato in base alle proprie preferenze e necessità. Come sandbox “iniziatico” è ideale, a patto che sappiate sin da subito che vi durerà relativamente poco.